La Nuova Sardegna

Rientro a scuola

Insegnanti di sostegno, in Sardegna due docenti su tre precari o non abilitati


	Il segretario Uil scuola Alessandro Cherchi 
Il segretario Uil scuola Alessandro Cherchi 

Il segretario Uil Alessandro Cherchi: «Il sistema di abilitazione non funziona»

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Sassari La cifra oscilla tra il 35 e il 37%: è la percentuale di docenti specializzati nel sostegno sul totale di quelli che prenderanno servizio quest’anno. Significa che due docenti su tre sono precari o comunque non abilitati a rapportarsi con studenti affetti da disabilità fisica o mentale più o meno grave. La situazione riguarda l’intera regione, nel territorio di Sassari e della Gallura il quadro appare particolarmente critico.

Con un trend in costante peggioramento quasi ovunque perché le richieste sono in aumento già tra i bambini della primaria: si stima che in Sardegna siano circa 8mila i ragazzi che necessitano del sostegno per affrontare il percorso scolastico. I docenti specializzati – cioé che hanno frequentato un apposito corso di formazione e conseguito l’abilitazione – sono al momento circa 3mila. Per coprire le lacune si ricorre a non specializzati.

Questi i numeri del Sassarese e della Gallura: alla primaria su 835 posti, sono 316 i docenti abilitati: alla secondaria di primo grado (ex Medie) i posti sono 713 e gli specializzati 270; alla secondaria di secondo grado (ex Superiori) a fronte di 995 posti da coprire ci sono 357 insegnanti specializzati. «Pochissimi – commenta Alessandro Cherchi, segretario Uil scuola Sassari e Gallura – una situazione gravissima alla quale non sembra esserci la volontà politica di porre rimedio. I corsi sono organizzati dalle Università con numeri esigui che non riescono a sopperire alle mancanze e con tempi lunghi che non rispondono alle esigenze pressanti».

Qualche numero: in Sardegna i corsisti ammessi oscillano tra 350 e 400 distribuiti tra gli Atenei di Cagliari (dai 250 ai 300) e Sassari (dai 100 ai 150 posti). I corsi durano 8 mesi e il costo si aggira intorno ai 3500 euro. «Ma c’è un paradosso – dice Cherchi – L’Università di Sassari non utilizza tutti posti disponibili perché fa una scrematura all’ingresso: una preselezione che lascia fuori un certo numero di aspiranti. Gli stessi che poi staranno lo stesso accanto ai ragazzi, ma senza abilitazione. Noi lo diciamo da tempo: non c’è bisogno della formazione accademica delle Università. i percorsi sul sostegno andrebbero fatti nelle scuole». (si. sa.)

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