La Nuova Sardegna

Sanità

In Sardegna mancano 400 medici di famiglia: arruolati i pensionati

di Luigi Soriga
In Sardegna mancano 400 medici di famiglia: arruolati i pensionati

Un mestiere con scarso appeal, snobbato dai giovani: carichi di lavoro, pochi guadagni e troppa burocrazia

13 settembre 2024
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Sassari All’appello nell’isola mancano circa 400 medici di base, e questo significa che oltre 400mila sardi restano potenzialmente senza un punto di riferimento per la propria salute. Questo soprattutto nei piccoli paesi dell’entroterra, quelli più disagiati e anche più distanti dagli ospedali. Molti sindaci sono disperati, al punto da chiamare gli Ordini dei medici per denunciare l’emergenza assistenziale.

I pronto soccorso soffrono di questo deficit cronico sul territorio, perché viene a mancare il filtro che alleggerisce gli hub dai casi clinici meno gravi Così le attese per i codici bianchi e verdi arrivano anche a 10 ore. Lo scenario è drammatico, e anche le prospettive, nell’immediato futuro, non sono incoraggianti. Le nuove generazioni non sembrano così entusiaste di ricoprire i 400 posti vacanti. Il medico di base non è esattamente il mestiere più remunerato, soprattutto al confronto di altri colleghi della sanità, che esercitano siano nel pubblico che nel privato, guadagnando anche cinque volte tanto.

I segnali infatti sono tutt’altro che positivi: all’ultimo corso di formazione per medici di medicina generale le borse di studio disponibili per gli specializzandi erano 84, un numero sottostimato anche per coprire le esigenze del territorio. Ebbene, le domande presentate sono state 64 e coloro che hanno accettato alla fine sono stati 43. E non è detto nemmeno che tutti questi proseguiranno l’iter, perché è probabile che molti di loro optino per le scuole di specializzazione.

Ora, senza la prospettiva di un rapido e copioso turn-over, la situazione già emergenziale diventerà insostenibile. Infatti la Sardegna nei prossimi 6 o 7 anni si appresta a perdere la metà dei medici di base, perché andranno in pensione.

Per ora la Regione è corsa ai ripari ingaggiando circa 180 supplenti temporanei o con i cosiddetti Ascot (Ambulatori straordinari di comunità territoriali). Ma a conti fatti i cittadini sopra i 14 anni totalmente privi di medico di famiglia rimangono 40mila.

L’appeal della professione, però, è ai minimi termini. E i motivi li snocciola Antonello Desole, vicesegretario regionale della Federazione medici di Medicina generale: «Enormi carichi di lavoro, specie nei centri più piccoli e decentrati. La copertura oraria va di fatto dalle 8 alle 20, perché dopo le visite in ambulatorio ci sono le prescrizioni via Whatsapp e via email, poi ci sono le case di riposo che vanno seguite con attenzione. E ancora, ovviamente, le visite domiciliari, quelle richieste al mattino e quelle programmate. Talvolta per arrivare al massimale di 1500 assistiti ci si trova a operare in 2 o 3 ambulatori dislocati in altrettanti paesini di 200, 400 o 900 abitanti. Sa soli, lontani da tutto, anche dai grossi presìdi sanitari, con spese altissime». Poi si aggiunge un altro fardello: la burocrazia, che talvolta occupa la metà dell’attività dedicata all’assistenza vera e propria, sottraendo prezioso tempo ai pazienti.

«Siamo I medici di base infatti compilano i Piani terapeutici oppure scrivono cartelle di 38 pagine per l’avviamento dell’attività. E poi le innumerevoli prescrizioni, compresi i panni per i pazienti delle case di riposo». L’ex assessore alla Sanità Carlo Doria, prima di lasciare il testimone ad Armando Bartolazzi, aveva siglato il nuovo Air (Accordo integrativo regionale) con i sindacati. Le risorse dovrebbero passare da 28 milioni a 61 milioni e mezzo. Grazie a questi soldi in più potranno essere riconosciuti ai medici i fattori produttivi quali collaboratore di studio, infermiere di studio, assistente amministrativo nell’ambito dei progetti organizzativi delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (Aft). Infine il nuovo Air prevede l’innalzamento del tetto a 1800 pazienti per le aree disagiatissime.

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