La Nuova Sardegna

L’epidemia

Blue tongue nell’isola: «Perdo tre capi al giorno, la mia azienda rischia di fallire»

di Federico Spano
Blue tongue nell’isola: «Perdo tre capi al giorno, la mia azienda rischia di fallire»

Il grido di dolore di Francesco Scanu di Mogoro

21 settembre 2024
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Sassari «Aspetto ogni anno con gioia questo periodo dell’anno, perché nascono gli agnelli, ma dal 10 settembre ogni mattina vivo con l’angoscia di arrivare in campagna e scoprire nuovi capi morti e nuovi aborti. Ho già perso oltre 30 animali su 450. Un disastro come questo non lo avevamo vissuto neppure nella prima ondata di lingua blu».

È il grido di dolore di Francesco Scanu, allevatore di 40 anni di Mogoro, socio e consigliere della cooperativa Cao Formaggi. «Finora abbiamo perso oltre 50 agnelli e praticamente tutte le pecore sono state colpite dal virus – spiega l’allevatore –. Dalla fine di luglio ho sempre usato i repellenti per tenere lontani gli insetti vettore, ma evidentemente non è bastato. In questa zona si è diffuso il sierotipo 3 della blue tongue, per il quale non abbiamo il vaccino. Le mie pecore sono state vaccinate e hanno fatto anche il richiamo per la variante 8. Ancora non ho avuto l’esito dei prelievi fatti sui miei capi, ma quasi certamente si tratta proprio del sieriotipo 3».

Al dramma della morte degli animali e dei piccoli, si aggiunge quello della perdita totale della produzione del latte. Francesco Scanu spiega che tutte le pecore che si ammalano abortiscono. Se il feto è ancora piccolo, riescono a espellerlo e a salvarsi, perché dopo una settimana circa gli animali si riprendono. Però non produrranno latte e non si sa se l’anno prossimo saranno sterili oppure no. «Se non potranno più riprodursi rischiano di diventare carne da macello», aggiunge il 40enne di Mogoro. Le pecore che invece abortiscono a pochi giorni dal parto, non riescono a espellere il piccolo e muoiono per le infezioni.

«Circa 60 pecore che hanno abortito si sono salvate, i pochi agnelli che sono nati non vengono allattati perché le mamme hanno il virus – spiega Scanu, sposato e padre di una bimba –. Dopo avere lavorato e imparato il mestiere con mio padre, tredici anni fa ho aperto la mia azienda. Lavoro con passione, impegnandomi al massimo per trattare bene gli animali, migliorare la qualità e la quantità del latte prodotto, rispettando le norme igieniche e vaccinando i capi». Quando si ammalano, dopo una decina di giorni di incubazione, le pecore manifestano i primi sintomi.

«Prima iniziano a camminare sulle ginocchia, poi smettono di mangiare per tre o quattro giorni e dimagriscono. Parlando con altri allevatori, ho saputo che le pecore potrebbero riammalarsi. Purtroppo se continua così finiamo anche noi in ginocchio. Parte del capitale lo sta annientando questa malattia. Da quasi venti anni lottiamo contro questo virus, facciamo i trattamenti, vacciniamo il bestiame, ma purtroppo non riusciamo a sconfiggerlo. L’anno scorso avevamo perso cinque pecore. Quello che stiamo vivendo in questi giorni è un disastro che non potevamo immaginare».

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