La Nuova Sardegna

L’intervista

Sanità, Nicola Addis: «I soldi ci sono ma manca il coraggio»

Sanità, Nicola Addis: «I soldi ci sono ma manca il coraggio»

Il presidente dell’ordine dei medici di Sassari: «I medici sono come i sacerdoti, in pensione non ci vanno mai»

17 ottobre 2024
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Sassari Ieri ha accolto i giovani medici sassaresi e premiato con una medaglia i laureati di 50 anni fa. In una ideale staffetta tra i passato e il futuro della Sanità. Ma di cedere il passo Nicola Addis non ha proprio intenzione. Nonostante la professione iniziata nel 1985, la pensione nel 2016, la guida dell’Ordine di Sassari dal 2018. Perché per Nicola Addis: «I medici sono come i sacerdoti, in pensione non ci vanno mai».

Manderebbe i pensionati in corsia?

«I pensionati hanno già salvato la traballante sanità durante il Covid. Non ha idea di quanti colleghi mi chiedono cosa possono fare quando vanno in pensione. Come possono aiutare, anche in maniera volontaria. Le loro professionalità sono gioielli preziosi che non vanno dispersi».

Ma così si toglie spazio ai giovani.

«Per ora giovani ce ne sono pochi. Poi col tempo l’impegno dei pensionati andrà calibrato. C’è tanto da fare a livello di informazione, prevenzione, ascolto».

Contento per il numero chiuso eliminato?

«No. è un errore. Passeremo dall’imbuto formativo all’imbuto lavorativo. Entro 10 anni avremo 20mila medici formati e solo 7mila pensionati».

Quale è allora la soluzione?

«Gli organici mancano per mancanza di programmazione. E la sanità non funziona per mancanza di risorse».

Risorse per cosa?

«Prima di tutto per incentivare dal punto di vista economico i medici italiani che sono i meno pagati in Europa. Che noi formiamo sopportando costi altissimi e poi ci facciamo scippare dal privato, dall’Europa, dagli arabi».

E poi?

«Per l’innovazione tecnologica. Servono macchinari più efficaci per lavorare meglio».

Dove si trovano tutti questi soldi?

«Anche lasciando da parte le fondamentali questioni etiche, risparmiare sulla sanità non è economicamente vantaggioso».

Cosa intende?

«Oggi siamo in grado di fare medicina preventiva di altissimo livello, ma la gente non fa le visite perché non ha soldi, o perché la “macchina” è imballata. Curare un tumore avanzato però costa infinitamente di più che intervenire in una fase iniziale. Amputare un piede diabetico ha un costo enormemente maggiore che fare le terapie e i controlli regolarmente. Il punto è che si cerca di risparmiare nell’immediato ma si finisce per spendere molto di più nel breve termine. Serve solo un po’ di coraggio e lungimiranza. E togliersi dalla testa le derive in stile americano, con le assicurazioni protagoniste: noi il sistema delle mutue lo abbiamo abolito nel 1978. E indietro non si torna».

Consiglierebbe a un giovane di fare il medico?

«Non scherziamo. Quello del medico è il lavoro più bello del mondo. Certo è totalizzante, a volte frustrante, è difficile. Ma avere la possibilità di farlo è un dono». (g.bua)

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