La Nuova Sardegna

L'intervista

Per Valditara 6- in comunicazione, Nicoletta Puggioni: «Buona la lettera, il messaggio no»

di Luigi Soriga
Per Valditara 6- in comunicazione, Nicoletta Puggioni: «Buona la lettera, il messaggio no»

La dirigente del Devilla di Sassari: «A scuola non si impara il mestiere, si apre la mente». «Gli istituti tecnici danno subito il lavoro? Non è esattamente così»

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Sassari Il grande spot del ministro dell’Istruzione per gli istituti tecnici, non entusiasma troppo la dirigente del Devilla di Sassari, «Condivisibile il contenuto della lettera – dice Nicoletta Puggioni – ma la comunicazione lascia un po’ a desiderare». Della serie: se Valditara fosse un alunno, il giudizio dell’insegnante suonerebbe più o meno così: “buono l’impegno, ma sullo svolgimento potrebbe far meglio».

L’argomento la tocca in una doppia veste: in prima battuta come dirigente, e poi come assessora alla Cultura del Comune di Sassari. Cosa non la convince nella lettera del ministro?

«Il messaggio è veicolato in maniera scorretta. Sintetizzato all’osso, il concetto che resta è questo: iscrivete i vostri figli negli istituti tecnici o professionali, che così troveranno subito lavoro».

Non è così?

«Direi proprio di no. Per prima cosa sembra che nella nostra scuola si insegni ad avvitare i bulloni e a imparare un mestiere. Seconda cosa non è così automatico che uno si diplomi e che il giorno dopo firmi un contratto con un’azienda. Magari fosse così immediato. Inoltre vorrei far presente che il 70 per cento degli alunni che si maturano al Devilla di Sassari, poi proseguono all’Università. Ci sono geometri che sono diventati cardiologi, e questo significa che non sempre la scelta della scuola poi combaci con il proprio futuro professionale. D’altro canto abbiamo anche tanti ex studenti dell’indirizzo tecnologico che ora fanno gli ingegneri o gli architetti. Questo per dire che negli istituti tecnici si approfondisce tanto, e questo molti lo ignorano: si fanno 33 ore dal primo anno anziché 27, si studia inglese, storia e matematica esattamente come negli altri licei. Perciò la preparazione di base è eccellente anche per proseguire l’iter universitario. E i tanti ex alunni laureati, ne sono una prova».

L’intento della lettera, cioè orientare meglio la scelta di un genitore, però, lo giudica positivamente.

«Mi piace il principio ispiratore: favorire una scelta più consapevole per i genitori e informarli sulla situazione del mercato del lavoro, lo trovo un approccio corretto. Giusto allegare alla lettera le informazioni sul l’offerta formativa presenti sulla piattaforma ministeriale ‘Unica. Utile anche fornire i dati e le statistiche relativi ai percorsi di Istruzione Tecnologica Superiore e alle prospettive lavorative dei diplomati. Insomma, troppo spesso la scelta della scuola superiore per un figlio è dettata dagli amici che si iscrivono da una parte o dall’altra, oppure dai familiari che hanno frequentato questo o quell’altro istituto. Ma rispetto all’esperienza di 40 anni prima, le cose sono molto cambiate, e la stessa suddivisione tra istituti tecnici, professionali e licei ormai è superata, perché è molto diversa e più fluida rispetto al passato. Trovo semplicistico affermare che ci sono scuole che preparano per il mondo del lavoro, e altre che invece formano per l’università. Su questo aspetto il ministro avrebbe dovuto veicolare meglio la comunicazione».

È d’accordo che un genitore debba scegliere la scuola giusta per il proprio figlio?

«È giusto che ci sia un confronto in famiglia e se ne parli. Detto questo non credo che un ragazzo, a quattordici anni, prenda la decisione che condizionerà per sempre il suo futuro occupazionale. Un ragazzo per prima cosa deve imparare a pensare e studiare per aprire la mente. A 14 anni è ancora presto per scegliere il proprio lavoro».
 

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