L’Intelligenza artificiale al potere: possibilità infinite, rischi enormi
Paure, benefici e questioni bioetiche nel nuovo saggio di Bruno Geraci, già direttore Rai Torino e già presidente del Circolo sardo “Quattro Mori” di Rivoli
Torino «Immaginate di avere un oracolo personale a cui chiedere di ideare la trama e scrivere il vostro prossimo romanzo (magari con lo stile di Ernest Hemingway), di riassumere la “Divina Commedia” in cento parole, di preparare una perfetta tesi di laurea o di clonare la vostra voce in appena 15 secondi e il vostro avatar in poco meno di mezz’ora».
Lo scenario prossimo futuro è già realtà, è già presente, è già storia di tutti i giorni. Bruno Geraci non si tira indietro, affronta la questione, la sviscera, ne parla come dato di fatto e nuove frontiere aperte, ma pone comunque una serie di interrogativi, soprattutto sulle prospettive e sui rischi di questa grande rivoluzione tecnologica. Giornalista algherese di nascita, già direttore Rai a Torino, ora docente di Linguaggi e psicologia della Comunicazione alla Pontificia università Salesiana, Geraci ha appena pubblicato un saggio sul tema, “Intelligenza artificiale. Possibilità infinite, rischi enormi” (162 pagine, 16 euro), uscito per i tipi della Cn, marchio tascabile del mantovano Oligo editore.
Classe 1940, già presidente del Circolo sardo “Quattro Mori" di Rivoli, da una vita in prima fila per un’informazione corretta, autore di numerose pubblicazioni (alcune sulla storia di Alghero), Bruno Geraci tiene seminari in numerosi atenei sia in Italia sia all’estero. È da anni che si dedica allo studio dell’Intelligenza artificiale generativa.
«La prima è stata quella chiamata Chat Gpt, svelata dalla società informatica Open AI il 30 novembre 2022: da allora è stata una valanga di “intelligenze artificiali” messe a punto dalle “Sette sorelle” (Meta, Amazon, Google, Microsoft, Nvidia, Tesla, Apple), le big tech che fanno a gara per garantirsi un mercato che, secondo le stime dell’Ocse, nel 2024 supererà i 110 miliardi di dollari».
- Dollari, appunto. Business. E con gli Stati Uniti d’America sono ancora una volta avanti?
«È illuminante leggere l’ultimo report sull’Artificial intelligence report della Stanford University la cui edizione 2024, dopo l’edizione dell’anno precedente in cui aveva appena registrato la rivoluzione rappresentata dall’IA generativa e dall’ingresso in scena di Chat Gpt, dice che nell’Intelligenza artificiale oggi sono le aziende a trovarsi sulla frontiera tecnologica più avanzata soprattutto in Usa. L’AI Index report conferma questo trend sia in maniera diretta che indiretta. Dei principali modelli di machine learning nel mondo, nel 2023 ben 51 (ben più della metà) venivano dalle imprese, 21 da collaborazioni tra imprese e università, 15 dalle università e due dai governi».
- Sembra un film di fantascienza, non è così?
«Il futuro prossimo dell'intelligenza artificiale, almeno per adesso, non è l’erede dell’inquietante computer HAL 2000 immaginato da Arthur Charles Clarke e reso icona pop da Stanley Kubrick nel film “2001 Odissea nello Spazio”, ma è qualcosa che, paradossalmente, evoca suggestioni ancora più oscure e antiche come la creatura del dottor Victor Frankenstein di Mary Shelley».
- A che punto è lo status quo? La ricerca dove sta puntando?
«In alcuni centri di ricerca (di cui sappiamo molto poco) si sta lavorando all’utilizzo di neuroni umani, derivati da cellule staminali, per costruire un computer molto più efficiente di quelli che utilizziamo ogni giorno. E anche molto più spinoso dal punto di vista bioetico: e se un domani quell’agglomerato di neuroni ne contasse così tanti da diventare, in qualche modo, senziente? Non acquisirebbe qualche diritto?».
- Ai limiti dell’umano... stiamo per superare l’ultima soglia?
«Giusto per dare un’idea di che cosa sta accadendo, per la prima volta è stata ottenuta in laboratorio una copia in miniatura del cervelletto umano, l’organo del sistema nervoso nel quale si concentra la maggior parte dei neuroni e che controlla funzioni importanti, come quelle legate al movimento e quelle cognitive».
- Addirittura?
«Il cuore profondo dei grandi computer, del nostro tablet, del cellulare che abbiamo indosso sono gli algoritmi. In parole semplici, un algoritmo è un insieme di regole per eseguire i calcoli necessari per risolvere un problema. Capisce che partito votiamo, i libri che leggiamo, le nostre curiosità più segrete. L’algoritmo non perdona, accumula dati, informazioni, tendenze e profili generando risultati, giudizi e ulteriori dati. E predice le nostre future azioni senza che noi lo si sappia. Quelli più sofisticati sono ormai in grado di raccogliere fino a 5,000 “segnali” sulle preferenze di un singolo utente: ciò che appare sul nostro computer, tablet o telefonino è cucito su misura per noi, sul modo in cui l’algoritmo ha interpretato le nostre preferenze. La capacità computazionale e gli algoritmi sempre più potenti sono oggi le nuove facce del potere, un potere che si colloca nell’evanescenza del cloud e nella digitalizzazione sempre più profonda di macchine il cui controllo è nelle mani di pochissimi».
- Un pericolo concreto, dunque.
«E fatto ancora più inquietante, dopo essere stato “addestrato”, l’algoritmo lavora autonomamente, non è più il personale umano a fornirgli i dati da elaborare: è “allenato” ad apprendere i modelli, stabilire connessioni, e in base ad essi operare delle scelte. Da tempo la sua opacità, il fatto che gli elementi alla base del suo funzionamento non siano di pubblica conoscenza, è uno degli argomenti più dibattuti. E adesso ci sono anche i software engineer, una svolta epocale poiché per la prima volta il programmatore è una Intelligenza artificiale e non un essere umano. Devin, così si chiama il software messo a punto dall’azienda statunitense Cognition, è stato creato per modificare, eseguire l’individuazione e correzione di errori e persino sviluppare applicazioni e siti web in modo autonomo».
- Paure, rischi. E gli aspetti positivi? Quali benefici porterà l’Intelligenza artificiale?
«Grazie alla sua capacità di calcolo, l’IA riesce a scovare antibiotici nuovi nel giro di poche ore, anticipare con sei anni di anticipo l’insorgenza del tumore polmonare, predire con largo anticipo lo scompenso cardiaco, intervenire con grande efficacia nel cambiamento climatico, andare a ritroso nel tempo per avvicinarsi sempre di più alla creazione dell’universo, scovando l’attimo del Big Bang e ancora altre mille possibilità. Nella scuola, grazie alle sue capacità di analisi e di elaborazione dei dati, l’IA può essere una grande alleata per la creazione di una scuola digitale sempre più innovativa all’avanguardia».
- A che costo? Sembra tutto così bello...
«C’è il rovescio della medaglia, infatti. Secondo un rapporto del Fondo monetario internazionale, la diffusione dell’Intelligenza artificiale potrebbe portare alla perdita di moltissimi posti di lavoro nei prossimi cinque anni. La stima più credibile parla di oltre trecento milioni solo negli Stati Uniti e in Europa, dove sei lavoratori su dieci potrebbero perdere il proprio impiego. Poi, siamo alla vigilia dell’esordio nei campi di battaglia dei soldati robot, specie di Terminator dall’incredibile capacità di fuoco. L’intelligenza artificiale è anche l’alleata principale nelle armi più sofisticate con precisione di tiro mai vista».
- Che sia la volta buona per avere un termine di paragone e capire quanto è importante l’essere umano?
«Forse la centralità delle macchine rimetterà al centro l’uomo, chiamato ad immaginare un futuro in cui le macchine e il progresso siano al servizio della persona, delle sue relazioni, della sua libertà. Non è un caso che chi sta lavorando ai confini estremi dell’intelligenza artificiale e al computer quantistico nei team di lavoro voglia umanisti, filosofi e teologi. Il futuro dovrà prevedere una riscoperta dei valori perché le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale prima ancora dell’estinzione rischiano di far perdere all’uomo il suo senso nel tempo. Oggi è l’intelligenza artificiale a porci nuovi interrogativi, nuove sfide, limiti che non ci eravamo posti preventivamente. Si parla, infatti, di algoretica. Se prima di domandarci a quale etica devono rispondere le macchine tornassimo ad interrogarci sulla nostra etica? Sui nostri valori? Su quello che rende le nostre vite ricche e degne di essere vissute e su quello che ci tiene assieme come persone e società? Serve aprire un’epoca di visioni grandi e passioni coraggiose».