Il vino senza alcol in Sardegna non trova molti estimatori
Il decreto del ministro Lollobrigida apre la strada a nuove produzioni
Sassari Ora si può dare vino al vino senza alcol, purché rispetti i parametri di legge. Che finalmente esistono, anche in Italia. Con il decreto firmato nei giorni scorsi dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e il regolamento entrato in vigore il primo gennaio, per il mondo dell’enologia del nostro Paese cade un tabù atavico e si apre di fatto un’epoca nuova. Anche per la Sardegna.
Non deve piacere per forza, né potrà essere necessariamente conveniente o economicamente rilevante per i produttori. Né, ovviamente, è scontato che avrà successo. Ma il vino dealcolato – secondo la definizione messa nero su bianco dall’esponente del governo Meloni – ora è realtà anche in Italia. Questo significa che la produzione di vini il cui titolo alcolometrico effettivo non sia superiore a 0,5% vol. (“parzialmente dealcolato” se supera lo 0,5% e non va oltre l’8,5%) ora è normata e i produttori interessati a questo segmento di mercato non saranno più costretti, come già accade, a rivolgersi all’estero per le operazioni tecniche necessarie.
Questo perché, come spiega il regolamento ministeriale, per ottenere questo tipo di prodotto è necessario un passaggio in più: “è possibile ridurre parzialmente o totalmente il tenore alcolico dei vini, dei vini spumanti, dei vini spumanti di qualità, dei vini spumanti di qualità di tipo aromatico, dei vini spumanti gassificati, dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati”. Tuttavia, resta una limitazione importante: i vini a denominazione Igt, Doc e Docg sono esclusi dal processo. Sono invece inclusi i prodotti analoghi proveneienti dalle distillerie.
E la Sardegna? «Questo tipo di mercato all’estero esiste già ed esiste in parte anche in Italia – spiega Mariano Murru, presidente regionale di Assoenologi –, ma al di là del fatto che da questo punto di vista noi sardi siamo abbastanza conservatori, vedo molto remota la possibilità che i nostri produttori siano in grado di dotarsi degli impianti necessari, che sono estremamente costosi».
Al di là delle resistenze legate alle abitudini culturali e del palato, il pesante giro di vite sul codice della strada dato di recente dal governo e il mutare delle mode, soprattutto tra i giovani, fanno sì che il comparto produttivo non possa ignorare quello che già da anni sta avvenendo in molte parti del mondo, comprese quelle che rappresentano i mercati principali dell’enologia.
«Teniamo sotto controllo il mercato e i trend – dicono in sostanza i produttori sardi, sulla scia di quelli del resto d’Italia – e non facciamo certamente finta di nulla rispetto a quello che i consumatori chiedono e cercano. Ma siamo soltanto all’inizio».
In concreto, tutte le valutazioni restano in sospeso, anche perché alcune delle associazioni di categoria (su tutte Unione italiana vino e Federvini) da mesi sono impegnate a tirare la giacca al ministro affinché allarghi le maglie della norma. «Una norma dovrà essere rivista – segretario generale Uiv, Paolo Castelletti – per considerare possibilità di dealcolare anche i vini figli delle denominazioni, quanto meno gli Igt, come i produttori hanno già chiesto al ministero”.
All’origine di questo decreto c’è dunque una decisione commerciale e di opportunità, una risposta che va incontro alle richieste crescenti da parte dei produttori stessi. I quali, al di là di alcune resistenze, da tempo chiedevano al governo di porre in essere regole chiare e di dare di fatto il via libera – in un periodo di generale contrazione delle vendite – alla “caccia” a nuove nicchie di mercato.