Un’isola di pensionati: sono 650mila e ogni mese ricevono 52 euro in meno della media
I dati dell’Inps: in Sardegna gli assegni tra i più bassi d’Italia. Il presidente dell’Istituto: «Ma la silver economy può essere una opportunità»
Cagliari Non siamo, ancora, un’isola di pensionati, ma il crollo del tasso di fecondità, (0,91 nati per donna) associato ad un incremento dell’età media (48,8) e alla presenza di 421mila ultrasessantacinquenni, rendono la Sardegna un caso unico nel paese, con riflessi negativi sulla produttività e il Pil, e con un impegno profondo dell’assistenza e della previdenza pubblica, visto che oltre 650mila sardi ricevono un assegno Inps.
Lo dimostrano i dati che l’Istituto ha presentato ieri 14 gennaio nell’aula magna della facoltà di Scienze Economiche dell’Università del capoluogo, a corredo del 23esimo rapporto dell’Istituto, presentato ufficialmente lo scorso settembre al Capo dello Stato. Dal confronto tra esperti e dirigenti Inps, guidati dal presidente nazionale dell’Istituto Gabriele Fava, emerge un numero: le pensioni ricevute dai sardi (1240 euro) sono più basse della media nazionale (1292), ma non sono le più basse del sud, con la Calabria che supera a stento i 1000 euro. In tutto il meridione, fatto 100 la somma delle prestazioni Inps, quelle assistenziali sono più elevate, come numero di quelle previdenziali.
Un dato che si riduce salendo di latitudine e arriva al minimo in Trentino e Val d’Aosta che hanno percentuali bassissime di assistenza. Tra i dati presentati anche il nuovo istituto di Supporto per la Formazione e il Lavoro, misura di attivazione al lavoro tramite la partecipazione a progetti di formazione e accompagnamento al lavoro, qualificazione e riqualificazione professionale, politiche attive del lavoro e progetti utili alla collettività. Il Supporto per la Formazione e il Lavoro è operativo da settembre del 2023 e per quei quattro mesi ha interessato nell’isola 1400 persone che hanno percepito 2,3 mensilità. Numeri incrementati da gennaio a giugno del 2024 con 5125 persone, con 3,5 mensilità di media percepite.
Nel confronto tra dirigenti Inps e universitari è emersa l’anomalia sarda. I presidenti nazionali e regionali dell'Istituto di previdenza, Gabriele Fava e Francesco Ciro Di Bernardo, il prorettore vicario dell'ateneo, Gianni Fenu, e il direttore centrale studi e ricerche Gianfranco Santoro. insieme dai docenti Rinaldo Brau e Giovanni Sulis hanno illustrato attività, impegno e caratteristiche delle attività Inps, che ha visto crescere le nuove pensioni liquidate, pari a 20495 nel 2023.
Per quanto riguarda il genere dei beneficiari, l'incidenza delle prestazioni previdenziali sul totale delle liquidate è maggiore per i maschi rispetto alle femmine, con un divario che raggiunge in Sardegna il 20%. Queste statistiche, sono state analizzate dagli esperti dell'Università. «La Sardegna soffre di un problema di invecchiamento della popolazione maggiore e di bassa natalità ormai consolidato e in pieno corso – ha detto Giovanni Sulis, docente di scienze economiche e statistiche – e le problematiche del mercato del lavoro sono quindi accentuate proprio per la nostra struttura demografica che è molto sbilanciata verso le classi di età più mature». «Ma la “silver economy” – ha detto nel suo intervento il presidente Inps Fava – può diventare se guidata una opportunità per tutto il sistema economico locale». L'Inps negli ultimi anni sta lavorando per rispondere al meglio alle esigenze di lavoratori e pensionati sardi con uno sforzo riconosciuto dal presidente Fava che ha ringraziato i suoi collaboratori. «Rispetto a poco tempo fa l'Istituto in Sardegna si è molto rafforzato», ha detto il direttore regionale Francesco Ciro Di Bernardo». Oggi le nostre prestazioni sono migliorate in termine di tempi: per l'erogazione di una pensione la media è di un mese. Ci siamo messi su una strada di un efficientamento progressivo, arrivando in due anni dall’ultima posizione a metà della “classifica” nazionale sui tempi di erogazione».