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La storia

La nuova vita sarda di Anastasiia, madre in fuga dalle bombe russe

di Francesco Zizi
La nuova vita sarda di Anastasiia, madre in fuga dalle bombe russe

Allo scoppio della guerra in Ucraina è scappata da Kiev con i suoi due figli. Oggi vive ad Alghero: «Vorrei tornare a casa, ma ho ancora troppa paura»

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Alghero Mentre Vladimir Putin rilancia le sue mire territoriali e Donald Trump, neo presidente americano, parla apertamente di negoziati che potrebbero ridisegnare i confini dell’Ucraina, l’Unione Europea appare divisa, fragile, incapace di esprimere una linea comune. Sullo sfondo delle trattative, però, ci sono le vite reali di chi da quella guerra è fuggito. Anastasiia Rotar è una di loro: «Sentivamo le bombe vicino a casa, l’unica cosa che ho potuto fare è stata prendere i miei figli e scappare». Oggi vive ad Alghero, ma le ferite sono ancora aperte. Le sue parole raccontano la paura, la fuga, la separazione da chi si ama e un presente fragile, fatto di riconoscenza e speranza.

Anastasiia aveva una vita normale, a Kiev. Una famiglia, un lavoro, progetti. «Quando è iniziata la guerra ci siamo spostati a Odessa, pensando fosse più sicura. Ma anche lì sono arrivate le bombe. Sentivamo le esplosioni vicino a casa, non ho avuto scelta: ho preso i miei due figli e siamo andati via»

Il giorno che ha cambiato tutto è il 24 febbraio 2022. Mentre Vladimir Putin parlava alla nazione annunciando un’operazione militare speciale – che si sarebbe rivelata una guerra su vasta scala – alle cinque del mattino, il telefono di Anastasiia si riempiva di messaggi: «Dicevano: non fate uscire i bambini, stanno bombardando. C’era il panico, le strade piene, niente benzina. Sapevamo solo che dovevamo andare via, subito». Nei primi giorni del conflitto, le truppe russe marciavano su Kiev da nord, convinte di poter prendere la capitale in pochi giorni, con il fallimentare progetto di un “regime change”. Il mondo guardava con sgomento, mentre l’Occidente esitava a decidere se e come intervenire.

Ma gli ucraini hanno reagito. In quei giorni drammatici, accanto all’esercito regolare, migliaia di civili si sono organizzati per fermare l’avanzata. La capitale è rimasta libera, ma a caro prezzo. Anastasiia, intanto, iniziava il suo viaggio verso la salvezza. È stata una telefonata di amici a offrirle una via d’uscita. «Mi hanno detto: vieni qui, ti aiutiamo. Siamo partiti per Santu Lussurgiu con tutte le forze che avevo». A Santu Lussurgiu ha vissuto tre mesi, poi il trasferimento ad Alghero. La famiglia è stata inizialmente inserita nel progetto di accoglienza SAI, attivo a Fertilia, negli spazi dell’ex ostello riconvertiti per ospitare rifugiati ucraini e non solo. «Qui abbiamo trovato tutto. Una casa, una comunità. Gli algheresi sono stati meravigliosi. Non ci hanno mai fatto sentire soli. Voglio ringraziare con tutto il cuore Franco Deiana, direttore della Caritas diocesana di Alghero-Bosa, Antonio Bruzzì e tutto il team del Gruppo Umana Solidarietà (GUS), Adriano Derriu, RUP del progetto SAI del Comune di Alghero e il console ucraino Anthony Grande. Ci hanno sostenuti in ogni passo».

Il progetto di accoglienza ai rifugiati è promosso già dal 2016 dal comune di Alghero, titolare del SAI, e attuato dal GUS. Come spiega Adriano Derriu, «l’accoglienza nata dalla guerra in Ucraina ha offerto a persone portatrici di fragilità la possibilità di accedere alla vita sociale di una nuova comunità, grazie a politiche lungimiranti e a una rete di servizi e operatori preparati, consapevoli dell’importanza della coesione sociale in una società in continuo cambiamento.»

Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’assessora alle Politiche sociali Maria Grazia Salaris: «Alghero ha una tradizione importante legata alla sua capacità di accogliere e integrare. La nostra amministrazione continuerà ad agire ogni volta che ci sarà la possibilità di farlo, soprattutto nei confronti di persone con fragilità e bisogni. I progetti come il SAI (Servizi di accoglienza e integrazione) sono finanziati con fondi vincolati dal Ministero dell’Interno nell’ambito della seconda accoglienza per i rifugiati. Per quanto riguarda i cittadini ucraini, è stato messo da subito a disposizione l’ostello della gioventù, predisposto e attivato per accogliere. Proseguiremo con l’individuazione di nuovi spazi. Una volta terminata l’emergenza, lo spazio dell’ostello sarà restituito ai giovani». Ora che si parla sempre più insistentemente di negoziati e trattative, la speranza di Anastasiia torna ad accendersi, anche se con cautela. «Avevamo un bel paese e vivevamo felici. Vorrei tornare, ho i miei genitori lì, la mia famiglia. Mi mancano ogni giorno. Ma finché non c’è sicurezza, non posso farlo. Non è vita quando ti addormenti la notte e non sai se ti risveglierai».
 

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