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Economia

Effetto dazi su Apple, un iPhone potrebbe costare fino a 2.500 euro anche in Europa

Effetto dazi su Apple, un iPhone potrebbe costare fino a 2.500 euro anche in Europa

Le nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti su prodotti provenienti da Cina, India e Vietnam potrebbero portare a un aumento significativo dei prezzi degli smartphone della mela morsicata

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Roma Il ritorno di Donald Trump sulla scena politica americana ha riacceso una delle battaglie più temute dai mercati: quella sui dazi. E questa volta, nel mirino del presidente degli Stati Uniti non c’è solo la Cina, ma anche quei Paesi verso cui le multinazionali – Apple in testa – avevano spostato parte della produzione per evitare proprio il peso delle tariffe. India, Vietnam, ma anche Malesia e Thailandia sono ora coinvolte nel nuovo pacchetto protezionistico. Le conseguenze? Potrebbero essere devastanti per il settore tecnologico. E per i consumatori. Secondo gli analisti, un iPhone 16 Pro Max nella versione da 1 Terabyte potrebbe arrivare a costare oltre 2.300 dollari negli Stati Uniti e oltre 2.500 euro in Italia.

Il cuore in California, le mani in Asia Nonostante il design e la progettazione restino saldamente ancorati alla Silicon Valley, la produzione degli iPhone è affidata in larghissima parte all’Asia. Ancora oggi, il 90% degli smartphone Apple è assemblato in Cina. Gli sforzi di diversificazione della catena produttiva messi in atto dopo la prima ondata di dazi del 2018 hanno portato a spostamenti parziali in India e Vietnam, ma la nuova offensiva commerciale di Trump ha colpito anche queste destinazioni. Si parla di tariffe del 46% sul Vietnam, 26% sull’India e fino al 54% sulla Cina (considerando i dazi già esistenti). Praticamente nessuna via di fuga.

Cosa significano questi numeri? Secondo Rosenblatt Securities, l’aumento medio dei prezzi per i dispositivi Apple potrebbe toccare il 43% se l’azienda decidesse di scaricare l’intero impatto sul consumatore. In concreto: L’iPhone 16 base, venduto oggi negli USA a 799 dollari, potrebbe arrivare a 1.142 dollari; Il modello 16 Pro Max da 1TB, attualmente a 1.599 dollari, potrebbe schizzare fino a 2.300 dollari; In Italia, dove si aggiunge l’IVA al 22% e l’equo compenso SIAE, lo stesso modello potrebbe superare i 2.500 euro, rispetto ai 1.989 euro attuali. Le simulazioni di TechInsights e Morgan Stanley mostrano un altro dato allarmante: il costo di produzione di un iPhone 16 Pro potrebbe salire da 580 a 850 dollari. Un aumento che eroderebbe il margine di profitto, mettendo Apple davanti a un bivio: ridurre i guadagni o aumentare i prezzi. E gli analisti non hanno dubbi: la seconda ipotesi è la più probabile.

Perché Apple non può “tornare a casa” Spostare la produzione negli Stati Uniti – come auspicato da Trump – non è una soluzione percorribile nel breve periodo. Secondo il CEO Tim Cook, «negli USA manca una forza lavoro sufficientemente specializzata» per produrre milioni di iPhone. Un confronto emblematico: in Cina un ingegnere di processo è uno su cento, negli Stati Uniti è uno su migliaia. E anche i costi sono un ostacolo: la manodopera per un singolo iPhone costerebbe 30 dollari in Cina contro 300 negli USA.

Un impatto globale Sebbene i dazi siano diretti alle importazioni negli Stati Uniti, le loro ripercussioni rischiano di abbattersi anche sull’Europa e sull’Italia. Apple potrebbe scegliere di uniformare i prezzi a livello globale per evitare distorsioni di mercato e proteggere i margini, come ha già fatto in passato. Così, gli utenti italiani – che già pagano i dispositivi Apple più del resto del mondo – si troverebbero a fronteggiare un nuovo, pesante rincaro.

La reazione dei mercati La notizia ha avuto un impatto immediato: il titolo Apple ha perso il 9,3% in Borsa, la peggiore giornata da marzo 2020. Gli investitori temono che l’aumento dei prezzi possa frenare la domanda, soprattutto in un momento in cui Apple sta puntando sull’espansione in mercati emergenti come l’India, oggi colpita anch’essa dalle tariffe.

Un assist alla concorrenza? In questo scenario di incertezza, alcuni concorrenti potrebbero approfittarne. Samsung, ad esempio, produce una parte dei suoi dispositivi in Corea del Sud, Paese finora risparmiato dalle nuove tariffe. Un vantaggio competitivo non da poco, soprattutto nei mercati dove il prezzo rappresenta un fattore chiave nella scelta di acquisto.

L’aumento del prezzo degli iPhone fino a 2.500 euro in Italia non è più uno scenario ipotetico, ma una possibilità concreta. E se la politica commerciale degli Stati Uniti dovesse effettivamente prendere la strada del protezionismo totale, sarà il portafoglio dei consumatori globali a pagare il conto. Ancora una volta, tecnologia e geopolitica si incrociano. E il risultato potrebbe essere uno smartphone sempre più simbolo di lusso, e sempre meno accessibile.

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