La pesca rischia di affondare per sempre
Nuovo taglio del 40 per cento per lo strascico. Pintus (Agci): «La Sardegna paga la malagestione di altre marinerie»
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SASSARI. Stato di agitazione e adesione alla mobilitazione nazionale del 12 giugno. Ci sarà anche il Nord Sardegna - con la marineria di Porto Torres (che è la più numerosa) all’iniziativa varata per cercare di salvare il settore della pesca dall’ultimo attacco che potrebbe anche essere quello definitivo per una attività di certo in crisi e sotto scacco da tempo. La novità - non proprio positiva - sta nella decisione di tagliare un ulteriore 40 per cento delle giornate di pesca al sistema dello strascico (che va a sommarsi tra l’altro alla riduzione del 20 per cento attuato negli anni scorsi) e potrebbe essere il colpo di grazia per i pescatori con reti trainate.
«Il commissario europeo alla Pesca – afferma Gianni Pintus, presidente della Federazione di Sassari dell’Associazione generale Cooperativa italiane – invece di aprire un confronto sulle molteplici cause dell’impoverimento degli stock ittici (inquinamento prodotto dalle industrie, sversamenti, traffico marittimo, attività estrattive e di ricerca di idrocarburi in mare, eolico off-shore e tanto altro) e ragionare sul da farsi, ha di fatto imputato al solo sistema dello strascico la causa del progressivo calo delle risorse alieutiche nel mediterraneo». Una valutazione non condivisa - quella del commissario europeo- pur riconoscendo che il sistema di pesca con reti trainate, nonostante la scarsa volontà di autoregolamentarsi, rappresenta la maggior fonte di approvvigionamento di prodotto ittico fresco per le nostre tavole, per la ristorazione e per il sistema agroalimentare in genere.
«Aggiungo – sottolinea Gianni Pintus – che rappresenta anche tradizioni e cultura del nostro territorio. La pesca sarda ha da sempre sofferto delle regolamentazioni calate da Bruxelles che però tengono conto degli sbagli e della malagestio di altre marinerie non sarde. Abbiamo sempre pagato, come sardi, al depauperamento degli altri mari in misura esponenziale rispetto a quello che possiamo aver prodotto noi negli ultimi 30 anni».
E poi una accusa precisa. «Il danno ambientale prodotto dalle attività dell’uomo nel Golfo dell’Asinara non può essere scaricato totalmente sulle nostre imprese. Anche perché non è previsto nessuno strumento per accompagnare le imprese ad una compensazione delle giornate sottratte dal provvedimento o una riconversione delle imprese o ammortizzatori sociali per i marinai».
La valutazione finale è chiara: «Non è più rinviabile un confronto fra le istituzioni per un ragionamento sullo stato ambientale del nostro mare. Con tutti gli attori protagonisti e non con i pescatori a fare da spettatori a norme non condivise». (g.baz.)
«Il commissario europeo alla Pesca – afferma Gianni Pintus, presidente della Federazione di Sassari dell’Associazione generale Cooperativa italiane – invece di aprire un confronto sulle molteplici cause dell’impoverimento degli stock ittici (inquinamento prodotto dalle industrie, sversamenti, traffico marittimo, attività estrattive e di ricerca di idrocarburi in mare, eolico off-shore e tanto altro) e ragionare sul da farsi, ha di fatto imputato al solo sistema dello strascico la causa del progressivo calo delle risorse alieutiche nel mediterraneo». Una valutazione non condivisa - quella del commissario europeo- pur riconoscendo che il sistema di pesca con reti trainate, nonostante la scarsa volontà di autoregolamentarsi, rappresenta la maggior fonte di approvvigionamento di prodotto ittico fresco per le nostre tavole, per la ristorazione e per il sistema agroalimentare in genere.
«Aggiungo – sottolinea Gianni Pintus – che rappresenta anche tradizioni e cultura del nostro territorio. La pesca sarda ha da sempre sofferto delle regolamentazioni calate da Bruxelles che però tengono conto degli sbagli e della malagestio di altre marinerie non sarde. Abbiamo sempre pagato, come sardi, al depauperamento degli altri mari in misura esponenziale rispetto a quello che possiamo aver prodotto noi negli ultimi 30 anni».
E poi una accusa precisa. «Il danno ambientale prodotto dalle attività dell’uomo nel Golfo dell’Asinara non può essere scaricato totalmente sulle nostre imprese. Anche perché non è previsto nessuno strumento per accompagnare le imprese ad una compensazione delle giornate sottratte dal provvedimento o una riconversione delle imprese o ammortizzatori sociali per i marinai».
La valutazione finale è chiara: «Non è più rinviabile un confronto fra le istituzioni per un ragionamento sullo stato ambientale del nostro mare. Con tutti gli attori protagonisti e non con i pescatori a fare da spettatori a norme non condivise». (g.baz.)