Graziano Mesina in condizioni disperate, i legali chiedono di sospendere la pena
Dopo la diagnosi di una malattia oncologica "incurabile, in fase terminale", la sua situazione è precipitata
Sassari Non cammina più, non si nutre, fatica a parlare e a riconoscere chi gli sta intorno. A 83 anni, Graziano Mesina – l’ex primula rossa del banditismo sardo – è ricoverato nel reparto penitenziario dell’ospedale San Paolo di Milano in condizioni definite "pressoché disperate" dalle sue avvocate, Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier. Dopo la diagnosi di una malattia oncologica "incurabile, in fase terminale", la sua situazione è precipitata, tanto da rendere necessaria la presentazione di una nuova istanza di differimento della pena per motivi di salute. È la settima.
Le legali denunciano "la gravissima situazione" clinica del loro assistito, spiegando che "le sue condizioni di salute erano già da tempo precarie ma negli ultimi due mesi sono precipitate". Un quadro che, secondo quanto riferito in una nota, si è aggravato dopo il ricovero nel reparto penitenziario dell’ospedale San Paolo di Milano, dove i sospetti dei medici hanno lasciato spazio a una diagnosi definitiva: «è stata diagnosticata una patologia oncologica che si è ormai diffusa, incurabile, in fase terminale».
La malattia ha avuto un impatto devastante: «a causa della malattia egli non può più camminare, non si alimenta, non parla, ha difficoltà a riconoscere le persone». Nonostante ciò, le richieste di sospensione della pena sono state finora respinte. «Ciononostante, il tribunale di sorveglianza di Milano, 'grazie' anche alle relazioni su una sua 'persistente attuale pericolosità' da parte della procura generale di Cagliari, continua a rigettare le varie istanze presentate dalla difesa di sospensione pena per gravi ragioni di salute, l'ultima meno di un mese fa, nonostante siano state allegate tutte le recenti cartelle cliniche attestanti l'imminente pericolo di morte».
Le avvocate richiamano anche i precedenti tentativi di trasferimento in Sardegna, mai accolti: «le richieste di trasferimento in un carcere in Sardegna, dove la vicinanza con i familiari avrebbe potuto quantomeno favorire le cure e alleviare i patimenti, sono state sistematicamente respinte».
Nel frattempo, proseguono, le condizioni cliniche continuano a peggiorare e anche il personale medico del San Paolo ha dichiarato di non poter più intervenire. «Nel reparto penitenziario nell'ospedale San Paolo hanno deciso che egli non è più curabile, ma gli viene negata la possibilità di avere un altro parere medico in un reparto di oncologia di un altro ospedale», sostengono Goddi e Vernier, che dopo l’ultima visita in carcere hanno deciso di agire tempestivamente: «dopo la visita in carcere di questa mattina, appurate le sue condizioni pressoché disperate presenteremo immediatamente l'ennesima richiesta al tribunale di sorveglianza di Milano con la speranza di riuscire ad ottenere una risposta positiva. Deve essergli concessa la possibilità di tornare a curarsi in Sardegna, dove può avere l'aiuto e la vicinanza dei familiari. Deve essere disposto ora, perché forse potrebbe affrontare il viaggio, non si sa per quanto ciò sarà possibile».