Anna Sanna: «La Faradda, il Pci e la mia città. I fischi? Non sono mai gradevoli»
I ricordi dell’ex sindaca di Sassari: la politica era passione
Sassari La vita della città scorre veloce davanti ai suoi occhi. Lei la scruta, si interroga, si sofferma su piccoli cambiamenti e radicali trasformazioni. Ma niente di più. L’unica donna a essersi seduta sulla poltrona più importante di Palazzo Ducale è una attenta spettatrice che non ha mai tentato di riaprire un ciclo che ha sempre considerato concluso. Sono anni che Anna Sanna non rilascia una sola dichiarazione. L’ex sindaca non usa nemmeno i social. E per esempio non sa che il suo nome salta spesso fuori – anche con una certa nostalgia – nelle infinite discussioni sulla politica di ieri e di oggi e quindi su chi è al governo della città. Proprio come sta accadendo in questi giorni del post Faradda. Dopo la pioggia di offese e di fischi che ha investito Nanni Campus, diverse persone hanno ricordato che pure lei venne fischiata e addirittura insultata con epiteti sessisti. Momenti che Anna Sanna, classe 1948 e sindaca dal 1995 al 2000, ricorda ancora oggi piuttosto bene. «Ci fu un quotidiano che distribuì addirittura dei fischietti – racconta –. E la cosa non mi lasciò certo indifferente. Credo che quella dei fischi sia una abitudine non molto gradevole, né per chi li riceve né per la città in generale. I fischi rovinano una festa che è davvero bellissima. Ma per fortuna sono solo un contorno, i miei ricordi della Faradda vissuta da sindaca restano molto belli».
I suoi fischi Sanna è stata la prima e per ora unica donna a guidare la città, dopo sette anni da parlamentare con il Pci poi trasformatosi in Pds. Cinque le Discese vissute con la fascia tricolore. «Forse bisognerebbe commissionare uno studio all’università per capire la valenza sociale dei fischi – sorride –. Quando li prendevo io, riflettevo, mi interrogavo e dentro di me dicevo: “Penso di non meritarli”. Ma dietro i fischi ci sono sempre diverse ragioni. C’è chi fischia per qualche malessere, chi per odio, chi perché prova pura soddisfazione. Mi ponevo comunque il problema, cercavo di capire. Forse non tutto è stato fatto come avrei voluto, ma posso almeno dire di avercela messa tutta. Governare una città è impegnativo. È difficile mettere d’accordo le diverse opinioni e accontentare tutti. Spesso bisogna dire di no. E tutto questo, a volte, produce insoddisfazione, malanimo e anche odio. Comunque ho sempre cercato di superare quei momenti con dignità. Anche perché la Faradda mi è sempre piaciuta. Ricordo la cena alle due di notte con i Massai e il pranzo del 15 con i frati di Santa Maria. E poi i tamburi, i colori, le danze, il brindisi a zent’anni, anche se, essendo astemia, bagnavo appena le labbra».
Sindaca Sanna Lei è stata anche la prima esponente della tradizione comunista a guidare Sassari, dopo decenni di sindaci democristiani e socialisti. Dopo il Parlamento, nel 1995 arrivò quindi la fascia tricolore. «Facevo l’ insegnante – racconta –. E dopo essere stata deputata, tornai per un periodo alle elementari. Poi i miei compagni mi chiesero di candidarmi. Non voleva farlo nessuno. In coalizione c’era anche chi era contrario al mio nome, ma poi mi sono sentita sostenuta. Ho avuto dei collaboratori molto bravi. Poi erano gli anni dell’Ulivo, c’era Prodi e i rapporti con il governo erano sicuramente facilitati». Fare la sindaca, comunque, oggi non le manca di certo. «Sono passati tanti anni – dice Anna Sanna, che oggi è anche nonna –. Ma posso dire di averlo fatto con impegno, convinzione e grande passione. Quando guidi una città sei costantemente a contatto con i cittadini. Anche per questo dico che ci sono 364 giorni all’anno per fischiare e contestare, senza dover aspettare la Faradda». Sanna si ricandidò nel 2000, ma il centrosinistra si presentò diviso e alla fine vinse il centrodestra guidato dal primo Campus. «Mi sarebbe piaciuto avere altri cinque anni per terminare quello che avevo cominciato – dice –. C’erano tanti progetti in cantiere, poi ereditati dalla successiva giunta. Ma non ho rimpianti. Credo nell’alternanza e non nelle lunghe carriere. Anche per questo ho deciso di ritirarmi e di non fare più politica attiva».
Donna comunista Lo spirito da militante, comunque, non è mai andato in pensione. «Sono sempre stata orgogliosa di essere comunista – dice l’ex sindaca –. Non considero quella esperienza come un guscio vuoto. Essere comunista, per me, significa impegno sociale, questione morale, avere una certa idea di futuro. Era il Pci di Berlinguer, il partito che contribuì a costruire la democrazia in Italia. Spesso mi dicevano: “Come fai, da non credente, a partecipare allo scioglimento del voto?”. In realtà non ho mai avuto alcun tipo di problema. Vedo la Madonna come una grande guida per la comunità». Oggi, comunque, tutto è cambiato rispetto ai tempi del suo Pci. «Sono una elettrice del Pd e voto alle primarie, ma non sono iscritta – spiega –. Credo però che il partito debba svolgere una azione più incisiva, anche in città. E soprattutto dovrebbe superare le correnti e trovare sempre una sintesi. Bisogna ritrovarsi, parlare con la gente. Non possono certo bastare i social».
La città oggi Ma da allora è cambiata parecchio anche Sassari. La città vive da anni un progressivo declino economico, politico e sociale. Come una crisi di identità. «Difficile trovare una soluzione – commenta l’ex sindaca –. La società si è rarefatta, i legami sociali si sono allentati. E la politica, opposizione compresa, non svolge più un ruolo propulsivo. Oggi sono l’economia e la finanza a governare il mondo al suo posto. Sassari è sempre stata la città della politica, dovrebbe recuperare questo ruolo. Ma in generale, Sassari così come la Sardegna, dovrebbe riscoprire le sue antiche e autentiche vocazioni per poi collegarsi al mondo. Per questo bisogna battersi anche per i trasporti, sia interni che esterni. È vergognoso vivere questo isolamento». E a proposito di trasporti, Anna Sanna si sente di commentare solo una scelta del sindaco Campus: lo stop alla tratta dalle Cliniche all’Emiciclo della metropolitana, il cui progetto nacque proprio con lei. «Non credo nella concentrazione delle auto verso il centro – dice –. Sirio fu una conquista. Era stato pensato per unire le borgate alla città, fino al suo centro. Togliere quella tratta sarebbe un errore».