Omicidio di Ittireddu: ergastolo confermato per Vincenzo Unali
L’allevatore di Mores uccise nel 2016 Alessio Ara
Ittireddu Per la corte d’assise di appello di Cagliari, Vincenzo Unali, allevatore 66enne di Mores, è il colpevole dell’omicidio di Alessio Ara, manovale 36enne freddato con due colpi di fucile a pallettoni, il 15 dicembre 2016 davanti al portone di casa della madre a Ittireddu.
Un delitto legato a una relazione sentimentale clandestina che la vittima aveva intrattenuto con la figlia di Unali, nel frattempo impegnata in un rapporto ufficiale con un socio in affari del padre. Lo ha stabilito ieri il collegio presieduto dal giudice Massimo Poddighe, che ha condannato Unali all’ergastolo, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale Michele Incani. Si tratta della stessa pena a cui Vincenzo Unali era stato condannato in primo grado, nel 2020, con sentenza confermata dalla corte d’assise d’appello di Sassari ma annullata a maggio dello scorso anno dalla Cassazione.
A convincere i supremi giudici erano stati i dubbi manifestati dal legale di Unali, l’avvocato Pietro Diaz, in merito alle perizie sul dna che, per la procura, incastravano l’allevatore. La Cassazione aveva ordinato di celebrare nuovamente il processo a Cagliari, svolgendo stavolta tutte le perizie necessarie a chiarire i dubbi manifestati dalla difesa. Saranno le motivazioni dei giudici cagliaritani a far luce una volta per tutte sulla vicenda, anche se non è improbabile un nuovo ricorso in Cassazione.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti e le motivazioni della sentenza di primo grado, Vincenzo Unali intendeva vendicare l’onore della famiglia, leso dal rapporto clandestino tra Alessio Ara e la figlia, ufficialmente impegnata in una relazione con un socio in affari del padre.
L’incontro fra Ara e la figlia di Unali era avvenuto proprio mentre il manovale di Ittireddu lavorava all’interno dell’appartamento in cui la donna e il compagno sarebbero dovuti andare ad abitare. Una ricostruzione smentita in toto dai famigliari di Unali, alcuni dei quali ora a processo per falsa testimonianza. Diverse le ipotesi alternative formulate dalla difesa, a cominciare da quella che ipotizzava una relazione fra la morte di Ara e quella, l’anno precedente, del suo compare Giampietro Argiolas, ammazzato a Noragugume.
Al centro dello scontro fra accusa e difesa, le analisi sul dna rinvenuto sui pantaloni utilizzati per avvolgere il fucile con cui era stato ucciso Ara. Due le tracce sui pantaloni, una riconducibile senza dubbi a Unali e l’altra a una terza persona. Una sola, identificata come appartenente a Unali, quella rinvenuta sul laccio utilizzato per serrare il fagotto. Prove schiaccianti, per la procura. Generiche e insufficienti, secondo la difesa. Ma i dubbi non sono bastati per convincere i giudici di Cagliari.