Non rubò i gioielli della collega, una 58enne di Sorso assolta in appello
L’imputata era stata denunciata sulla base di alcuni riti esoterici
Sorso Un’anziana del paese, che nel frattempo è deceduta, le aveva indicato le iniziali del nome e del cognome della persona che – in base a un antico rito esoterico, i cosiddetti “credi” che aveva appositamente recitato – le aveva rubato alcuni monili in oro. E lei, che conosceva una donna con quelle iniziali, ha pensato bene di denunciarla. Ritenendo che potesse essere la responsabile del furto anche perché nei giorni precedenti era andata a casa sua per una visita.
La donna era finita a processo ed era stata condannata in primo grado a sei mesi. Ma la sentenza è stata ora riformata in appello perché i giudici – che hanno accolto in toto la tesi difensiva dell’avvocato Lidia Marongiu e la richiesta dello stesso procuratore generale – hanno ritenuto il quadro probatorio a carico dell’imputata “palesemente insufficiente a dimostrare con assoluta certezza” la sua responsabilità. E l’hanno assolta “perché il fatto non sussiste”.
Fulcro del processo di primo grado erano alcune fotografie. Era infatti accaduto che durante le indagini per il furto dei gioielli, la persona offesa avesse riconosciuto come suoi una catenina e un anello che la titolare di un “Compro Oro” aveva acquistato (mesi dopo il furto) da una cliente. In base ai registri del negozio, a cedere quei monili in cambio di denaro, sarebbe stata l’imputata. A questo esito si era arrivati sulla base di una fotografia (che come da prassi i Compro Oro fanno ai gioielli che acquistano) che era stata mostrata alla persona offesa.
Effettivamente l’imputata una catenina e un anello li aveva venduti al Compro Oro, ma erano i suoi: la catenina del battesimo e un anello decisamente diverso da quello indicato dalla vittima del furto. E li aveva venduti perché – così aveva spiegato in aula – in quel momento aveva bisogno di soldi considerato che il marito non stava lavorando.
I giudici d’appello nella sentenza scrivono che “quanto dichiarato dalla persona offesa, che con assoluta certezza ha indicato l’imputata come l’autrice materiale del furto, è apparso più il frutto di un pregiudizio probabilmente alimentato da non meglio precisati riti esoterici (“credi”), nei confronti della compaesana, piuttosto che un’affermazione basata su reali dati fattuali”. Da qui l’assoluzione.
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