La Nuova Sardegna

Sassari

Il racconto

Storia del castello e del barbacane di Sassari, un tesoro dimenticato sotto i piedi dei passanti

di Davide Pinna

	Il castello e Alessandro Ponzeletti e Luca Sanna&nbsp;&nbsp;<strong>(foto e video di Ivan Nuvoli)</strong>
Il castello e Alessandro Ponzeletti e Luca Sanna  (foto e video di Ivan Nuvoli)

Parlano Luca Sanna, l’archeologo che scavò per primo nella piazza, e lo storico dell’arte Alessandro Ponzeletti

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Sassari Ormai, quella struttura di vetro e metallo ai piedi del grattacielo in piazza Castello, passa inosservata davanti allo sguardo di migliaia di sassaresi ogni giorno. Al massimo, si incuriosiscono i turisti, che si domandano cosa siano quelle rovine che si intravvedono fra le grate e dietro i vetri sporchi. Da qualche parte c’è un cartello sbiadito che lo spiega.

È il barbacane del castello aragonese, l’ultima testimonianza di uno dei simboli della storia della città, demolito alla fine dell’Ottocento con la dinamite e il piccone.

I sassaresi, invece, ormai ci hanno fatto l'abitudine. L’area archeologica, scoperta fra il 2008 e il 2010, è rimasta aperta per pochissimo tempo, poi sono emersi problemi di sicurezza e soprattutto infiltrazioni di acqua. L’ultimo assaggio nel 2019 in occasione di Monumenti Aperti, con la fila dei visitatori che arrivava sino ai portici di piazza d’Italia. Poi, basta. E quell’ultima testimonianza del passato rischia di finire nel dimenticatoio.

L’attenzione è stata riaccesa giovedì 27 marzo con una conferenza dell’archeologo Luca Sanna e dello storico dell’arte Alessandro Ponzeletti ospitata nella sede della Costituente per Sassari. Abbiamo incontrato i due studiosi, che ci racconteranno curiosità e segreti di una storia non troppo conosciuta. Sabato 29 marzo, in edicola e sul quotidiano in formato digitale, troverete il servizio completo

«La prima pietra fu posata nel 1327. Fu un castello e ultima linea di difesa della città in caso di conquista, ma fu anche sede dell’Inquisizione e carcere per i nobili e infine caserma, durante l’epoca sabauda prima della demolizione» racconta Alessandro Ponzeletti. Come roccaforte militare, non ebbe grande fortuna. Anche perché, come racconta Luca Sanna, «venne costruito che era già vecchio, inadeguato alla tecnologia militare dell’epoca. E quando le armi da fuoco si diffusero seriamente, si tentò di rimediare con l’aggiunta del barbacane, una fortificazione ulteriore, rivolta verso la città». 

Ultima linea di difesa in caso di conquista o baluardo contro probabili ribellioni anti-aragonesi dei sassaresi? Forse un po’ entrambe le cose, ma certamente senza grande efficacia. E infatti nel 1564 diventò sede del Sant’Uffizio, l’Inquisizione romana.

«Gli inquisitori non si occupavano solo di chi era accusato di stregoneria, bastava avere in casa il libro sbagliato per farsi un giro nelle celle» spiega Ponzeletti. Un’esperienza che non doveva essere per nulla piacevole, fra le rovine riemerse negli scavi anche una cisterna medievale riciclata come prigione: «All’interno abbiamo trovato tanti graffiti e disegni, tutti a tema religioso. Tutti tracciati ad altezza d’uomo, tranne uno, quasi all’altezza del pavimento, come se l’avesse disegnato un uomo sdraiato» ricorda Sanna. Pittoreschi i nomi delle celle: si poteva finire nel Carcel de la Cruz o del Sanguine o ancora nel Carcel de los Reyes Magos e di Nuestra Señora.

Queste sono solo alcune delle storie che emergono da sotto la pavimentazione di piazza Castello. Un vero e proprio scrigno che custodisce la memoria della città, ma che rischia di essere dimenticato. «Io auspico che sia di nuovo fruibile, Sassari i turisti li riceve, arrivano, l'importante è saperli accogliere, indirizzare: il castello e anche il rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale qui a fianco aiuterebbero in questo» afferma Alessandro Ponzeletti. «Il barbacane e il rifugio antiaereo sono distanti secoli, ma le loro storie si sono intersecate: li separa un semplice muro. Insieme potrebbero diventare uno spazio espositivo di 500 metri lineari. I lavori di Abbanoa dovrebbero aver risolto i problemi delle infiltrazioni, quindi basta una bella bonifica dell’area e la buona volontà politica, per restituirlo finalmente alla città» conclude Luca Sanna.

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