Ragazzi, siate curiosi di vivere e se state male chiedete aiuto
Ricordiamoci che la perfezione non esiste e impariamo a condividere paure ed emozioni
«Vi sono de’ giorni ch’io non posso fidarmi di me: un demone mi arde, mi agita, mi divora». Sentire il nostro mondo e tempo ostili, indifferenti al dolore che proviamo e che sembrano esserci alleati solo quando siamo infinitamente felici, sono sensazioni che tutti sperimentiamo, in quanto è nella natura umana porsi domande sul senso della propria esistenza e sulle sue componenti. Allo stesso modo Jacopo Ortis nel 1799, a soli 24 anni, rifletteva sulla serie di sventure che era costretto ad affrontare e si tormentava chiedendosi: «A che scopo vivo?». Ma l’essersi torturato assiduamente sulla questione, l’aver pensato, erroneamente, che la sua esistenza portasse solo sofferenza a lui e a chi più voleva bene, «la mia morte sarebbe per me la metà dei guai», l’ha portato a impazzire dal dolore e porre fine alle sue agonie nel più cruento dei modi. Dal momento in cui pronunciamo la nostra prima parola, attribuendogli un significato, comincia la nostra smania di voler per forza dare una definizione a tutto, inclusa la nostra vita classificandola come insignificante, banale o inutile.
La verità è che ognuno vive in modo speciale e unico. È un po’; come quando da bambini ci divertivamo a ripetere più volte la stessa parola fino a farle perdere il suo significato, così talvolta pensiamo sia la nostra vita, che per quanto possa sembrarci monotona, non lo è. Nessun giorno è uguale a un altro, così come i granelli di sabbia in spiaggia, simili, ma mai identici. Tuttavia, al giorno d’oggi a causa degli stereotipi innaturali creati dalla società, come il concetto di “perfezione” (inesistente), le menti più fragili vengono indotte a tentare di emularlo, finendo nel turbine della depressione, causata dall’insoddisfazione e dalla delusione per non aver raggiunto l’obiettivo. Ciò porta le vittime alla stessa soluzione del protagonista del romanzo foscoliano. Bisognerebbe affrontare di più questa tematica e non farne un tabù come lo era in passato ed è in realtà ancora oggi anche se in minima parte. È importante avere la forza di chiedere aiuto a chi vogliamo più bene. Ma affinché tutto cambi dipende da noi, non dobbiamo avere paura di vivere. Dopo la pandemia del covid-19 sentiamo troppo spesso parlare di ragazzi adolescenti e non solo che per giochi o insulti sui social arrivano al suicidio. Tutti si meravigliano quando avvengono tali vicende, ma in fin dei conti ignorare e lo stare silenzio ci rende complici di questa violenza in qualche modo. La ragione della nostra vita la dobbiamo trovare dentro di noi, non sarà di certo una e-mail spam a dircelo. Siate sempre affamati della vostra vita!
*Hilary studia al Liceo scientifico L. Mossa Olbia