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Marco Piga, rovesciate e talento. Addio al bomber dei gol impossibili

di Andrea Sini
Marco Piga, rovesciate e talento. Addio al bomber dei gol impossibili

Insieme al gemello Mario ha scritto pagine importanti della storia del calcio sardo

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Sassari Suo fratello gemello Mario, parlando di lui, ha sempre emesso una sentenza difficilmente appellabile: “Io sono stato un buon giocatore, ma tra noi due il vero fenomeno era Marco”.

Il fenomeno si chiamava Marco Piga, quello dei gol impossibili, e sabato si è spento alla Maddalena all’età di 68 anni, dopo una lunga malattia.

Non è facile parlare di uno solo dei due esulando dal concetto di “gemelli Piga”. Perché sono sempre stati complementari - quasi inseparabili - in campo, certamente inscindibili fuori. E perché insieme hanno scritto molte delle pagine più affascinanti della storia del pallone sardo.

Una trentina d’anni prima dei bresciani Filippini, un’altra coppia di gemelli era sbarcata nel grande calcio. Arrivavano da Palau, si erano fatti le ossa con la maglia della Torres e poi avevano preso il volo verso le serie superiori.

A Sassari arrivarono che erano solo due ragazzini, e ci arrivarono con tutta la famiglia. Era il 1973 e delle loro gesta si erano già accorti oltre Tirreno. «Eravamo già praticamente del Torino – hanno raccontato di recente –, ma a casa abbiamo conosciuto la fame vera, nostro padre era emigrato all’estero. La Torres ci offrì due contratti, anzi tre, perché poi prese anche nostro fratello Giovanni, e soprattutto trovò un lavoro a nostro padre e gli consentì di rimpatriare. Venire a Sassari fu una scelta naturale. E poi trovammo un allenatore come Vanni Sanna, un maestro che credeva nei giovani. Con i fatti, non a parole, perché li faceva giocare».

I Piga vanno ad abitare dalle parti di via dei Gremi, a 17 anni diventano subito titolari in serie C e in città sono già due star: capita che alla porta di casa suoni il campanello e sul pianerottolo si materializzi qualche piccolo tifoso arrivato per chiedere un autografo. Mario è un uomo da fascia, forte di piedi e di polmoni. Marco è un piccolo Boninsegna: non arriva a 1,70 ma è dotato di una forza fisica devastante, vede la porta in maniera naturale ed è un fenomeno in acrobazia, sia di testa che di piede. I due sono habitué a Coverciano, dove i vari Bearzot e Vicini li convocano costantemente con le selezioni azzurre giovanili.

A 18 anni, durante un derby estivo di Coppa contro l’Olbia, inventano il “rigore di seconda”, e dispensano grandi giocate per tutta la stagione. Però quell'anno la Torres retrocede e la Lucchese se li porta via. In coppia, ovviamente. Marco esplode: capocannoniere della C con 19 reti a 19 anni. Immediatamente arriva la chiamata dell’Atalanta, in serie B, per la prima volta senza Mario. Marco dà il suo contributo alla promozione in A degli orobici, poi ecco la chiamata dell’Avellino, che riunisce i gemelli in serie B. Arriva un’altra promozione in serie A, con i due fenomeni galluresi che si ritagliano un posto d’onore nella storia del club irpino.

Dopo il debutto nella massima serie, Mario resta ad Avellino e sfonda definitivamente nel grande calcio, Marco accetta un’altra sfida e va a Catania, in C: è ancora promozione, arrivano tanti gol pesanti e soprattutto difficilissimi: colpi di testa ad altezze inimmaginabili o in tuffo, tiri al volo, rovesciate da stropicciarsi gli occhi. Poi una stagione alla Reggina e il passaggio a Livorno. È il bivio della sua carriera: dopo 8 partite si scontra con un portiere avversario e la gamba destra si spezza. Tibia e perone. Quando rientra, dopo quasi un anno di stop, l’uomo dei gol impossibili ha solo 27 anni ma non è più lo stesso. La Torres lo riporta a Sassari, in C2, poi ancora un biennio a Siracusa prima del ritorno nell’Arcipelago, ma sulla costa opposta rispetto a Palau: alla Maddalena gioca tre stagioni con l’Ilva e fa in tempo a contribuire a un'altra promozione storica (dall'Interregionale alla C2) proprio mentre Mario si toglie le ultime soddisfazioni con la Torres di Bruno Rubattu.

Poi entrambi dicono basta. Inseparabili in campo, inscindibili fuori, negli ultimi anni si sono “marcati” stretti nel loro amato Arcipelago, tra una battuta di pesca in gommone e lunghe chiacchierate sul pallone di ieri e anche quello di oggi. Amatissimi ovunque abbiano giocato, uniti sino all’ultimo, come solo due gemelli possono essere.

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