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Una palla di paglia e stracci, così è nato il mito di Gigi Riva: viaggio nei suoi luoghi a Leggiuno

di Argentino Tellini
Una palla di paglia e stracci, così è nato il mito di Gigi Riva: viaggio nei suoi luoghi a Leggiuno

Il paese di Rombo di tuono nel Varesotto dove per tutti è Luigi: «Il migliore, ma non si dimenticò mai di noi»

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Leggiuno “Paese natale di Gigi Riva”. Questo è il cartello che accoglie i visitatori a Leggiuno, 3500 abitanti in provincia di Varese, a un tiro di schioppo dal lago Maggiore e a pochi chilometri dalla Svizzera.

La casa di Gigi Riva è una palazzina a due piani in via San Primo 24, a pochi metri della chiesetta del IX secolo, dedicata all’allora vescovo di Pavia San Siro. Proprio come lo stadio in cui Luigi Riva, interista, sognò di esordire da professionista, bocciato da Helenio Herrera, che lo scartò ad un provino. «Ha un piede solo», la sentenza del Mago.

E quel ragazzo mancino, tutto pelle e ossa, a Leggiuno se lo ricordano tutti, da quando ha compiuto i primi passi. I vecchi amici del paese lo chiamano tutti col suo vero nome: Luigi.

Al bar Zodiaco trovi Edoardo. «Abbiamo iniziato a frequentarci al campo dell’oratorio di San Primo, vicino a casa sua – racconta–. Io ero più piccolo di lui. Mi metteva in porta e cominciava a tirarmi cannonate. Io a volte avevo paura e abbandonavo i pali. Lui si arrabbiava moltissimo. Poi da più grandicelli ci vedevamo al bar dei “Bulota”, dei bulli, lo chiamavamo così. Qui si riportavano le prime gesta di Luigi ai tornei dei bar, quelli in cui guadagnava qualche soldo e prosciutto, facendo preoccupare madre Edis che ne voleva sapere la provenienza. Suo padre Ugo, che suonava anche la chitarra – conclude – era già mancato, poi mancò anche lei. Luigi soffriva e scappava dal collegio. Ma del suo dolore non parlava con nessuno».

Di fronte alla casa di Luigi si affaccia al balcone Teresa. È anziana, amica di Fausta, sorella del bomber, mancata nel 2020. «Gente per bene la famiglia Riva – racconta emozionata – . E che signore Paolo, marito di Fausta. Luigi? Schivo ed educato. Veniva qua in estate, a volte con la Dino Ferrari. Faceva delle passeggiate e andava a trovare gli amici».

Nel frattempo passa per strada un altro anziano signore, Carlo, che capisce e aggiunge «a Luigi in vacanza piaceva andare a vedere le partite dei tornei dei bar, quelle che lo resero famoso già adolescente».

In un’altra palazzina tipica ci attende una delle persone più importanti per il capocannoniere della nazionale: Gianandrea Contini, 94 anni, ex falegname e soprattutto ex presidente della squadra CSI in cui Riva cominciò a giocare. «Luigi mi manca, da ragazzo lo portavo a giocare dappertutto con la mia vespa – racconta emozionato con in mano le foto del suo pupillo –. Nei tornei dei bar lo volevano tutti, nonostante fosse giovanissimo. Dove c’era lui si vinceva. In estate da bambino lo ricordo scalzo che tirava calci ad un pallone contro un cancello, in leggera salita. La sfera gliela preparava suo zio Benito, impagliatore di sedie, rimasto cieco da quando era emigrato in Francia. Se rimaneva un po’ di paglia ne faceva una sfera ricoperta di stracci per suo nipote».

L’anziano presidente continua, in lombardo stretto, quello di una volta. «A 14 anni se lo prese il Laveno. Luigi iniziò anche a lavorare in una fabbrica di ascensori, di proprietà di un dirigente del Legnano. Naturale il suo trasferimento in quella squadra e l’inizio della carriera tra i professionisti a 16 anni».

Il prosieguo della storia la conosce tutto il mondo. «Sapevo che Luigi fosse il migliore – conclude – ma era anche un ragazzo che non si dimenticò mai di noi».

Il 16 novembre il comune di Leggiuno ha organizzato una celebrazione alla memoria di Gigi Riva. Presenti le figure istituzionali, Nicola Riva, la nazionale Under 18, l’accompagnatore ufficiale della squadra Giancarlo Antognoni e Gigi Buffon. Ma anche tanti compaesani: giovani, anziani, conoscenti ed amici locali del mito. «Al mondo esisterà un solo Luigi Riva», è stato il pensiero unanime. Del vecchio campo dell’oratorio è rimasto poco, sostituito in gran parte da un parcheggio per auto. L’amministrazione comunale ha voluto dedicare al campione il suo piccolo centro sportivo. Dietro la porta la statua in ferro di Riva, quella che simboleggia la rovesciata di Vicenza. Che il numero 11 cominciò a provare imberbe in un paesaggio antico, nella più profonda Lombardia.

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