La Nuova Sardegna

Nel 2008 il fallimento dell’operazione gipeto 

Nel 2008 il fallimento dell’operazione gipeto 

SASSARI. Li avevano chiamati Balente, Sandalia e Ros’e Monte. Tre giovanissimi gipeti (nella foto uno di loro in braccio a un forestale) dell’età di tre mesi fatti arrivare dall’Austria, più...

03 giugno 2017
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SASSARI. Li avevano chiamati Balente, Sandalia e Ros’e Monte. Tre giovanissimi gipeti (nella foto uno di loro in braccio a un forestale) dell’età di tre mesi fatti arrivare dall’Austria, più precisamente da Innsbruck, per dare vita all’ambizioso progetto di reintrodurli nel Supramonte di Orgosolo, dove l’ultima coppia era stata avvistata nel 1969. Questo grazie a un progetto Interreg che coinvolge la provincia di Nuoro, l'Ogliastra, la Regione e la Collectivitè Territoriale de Corse, oltre al Comune di Orgosolo, all'Ente foreste e a una serie di associazioni. Un’operazione complessa, primo passo di un percorso che aveva preso piede nella foresta di Montes, nei pressi di Orgosolo, e sarebbe dovuto durare altri cinque anni col rilascio di una coppia all’anno. C’era anche stato un lavoro preparatorio i da parte delle Province di Nuoro e Ogliastra, che aveva coinvolto anche 70 scuole con convegni, ricerche, dipinti e temi.
Tutto inutile. A parte che il progetto, fortemente voluto dalla Regione, era nato male, perché si era scoperto che Ros’e Montes, che doveva essere l’unica femmina, era in realtà un altro maschio, i tre rapaci non erano sopravvissuti all’estate, uccisi da bocconi avvelenati. Alla fine di agosto Balente e Ros’e Monte erano stati trovati privi di vita sul Bruncuspina, Sandalia poco distante, nelle campagne di Desulo. E subito dopo il ritrovamento delle carcasse si erano scatenate le polemiche, perché il sospetto era che quei bocconi fossero stati sistemati apposta per loro. Ma se anche avessero ingerito le classiche esche avvelenate sistemate per le volpi o i cinghiali, il senso del fallimento del progetto era stato bene esplicitato da una successiva nota del Wwf: « In Sardegna i tempi non sono maturi per attuare piani di reintroduzione di specie estinte da tempo come, appunto, l'avvoltoio barbuto». L’associazione invitava a non andare avanti col progetto, pur riconoscendone il rigore scientifico col quale era stato condotto, perché in quelle condizioni «si andrebbe ancora incontro a un altro fallimento con l'inevitabile sacrificio di altri animali». E infatti il progetto si è arenato, nonostante potesse anche contare su uno stanziamento importante.
“Life Under Griffon Wings” vuole creare prima di tutto le condizioni ottimali per la reintroduzione di questi rapaci che, è bene ricordarlo, si cibano esclusivamente di carcasse. E per questo la nascita dei carnai aziendali controllati e certificati assume una valenza primaria.(r.s.)

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