«Il fascismo è dove c’è discriminazione»
di Roberto Sanna
Per ricordare l’Olocausto, l’attore si esibirà in un monologo intitolato “Carta bianca” martedì a Cagliari e mercoledì Sassari
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SASSARI. «La Giornata della memoria? Il vero pericolo è quello di trasformarla in una routine celebrativa, per di più con i fari puntati su un unico argomento, la Shoah ebraica». Moni Ovadia anticipa così la sua “Carta bianca”, lo spettacolo promosso dalla Fondazione di Sardegna in occasione della Giornata della memoria che andrà in scena negli auditorium di Cagliari (Via San Salvatore da Horta 2) martedì 27 e di Sassari in via Carlo Albert o 7 mercoledì 28, sempre alle 21 e con ingresso libero. Un recital-monologo nel quale Ovadia, autore e attore che ha fatto conoscere la cultura Yiddish attraverso una lettura contemporanea e noto per il suo costante impegno politico e civile a sostegno dei diritti e della pace, intratterrà il pubblico attraverso riflessioni, letture e storielle ispirate al suo vastissimo repertorio.
Da quando la Giornata della memoria è stata istituita il contesto politico sociale è molto cambiato.
«Sì, è cambiato ma non è questo il fulcro del problema. Sta diventando una routine celebrativa, appunto, mentre la memoria serve per edificare una società senza violenza, soprusi e sfruttamento dei più deboli. Adesso assistiamo ai teatrini di persone che fanno il viaggio ad Auschwitz, poi tornano e fanno discorsi contro i Rom e i migranti. Rivelando così lo scopo puramente strumentale dei loro teatrini. Mi preoccupa anche il fatto che Israele istituisca la Giornata della memoria e poi metta in atto politiche nefaste e oppressive nei confronti dei palestinesi».
Che cosa non condivide, quindi?
«Per esempio che ci si focalizzi soltanto sulla Shoah e sulla specifica antisemita. A mio parere la Giornata della memoria deve essere mettere in evidenza che ciò che si è fatto non deve succedere più. Sono ebreo e certamente so che c’è stata la Shoah, ma non bisogna dimenticare che nei campi di concentramento sono stati uccisi cinquecentomila Rom sinti e altri due milioni e mezzo in giro per l’Europa, che sono stati assassinati slavi, fascisti, omosessuali e che i primi a morire in questo sterminio sono stati i portatori di handicap. La Giornata della memoria deve celebrare il ricordo di fino a quale punto possa arrivare l’odio, non ci devono essere vantaggi nel partecipare a queste celebrazioni. Il vantaggio deve essere quello che deriva dal praticare rispetto e giustizia».
Come ci si può arrivare?
«Intanto eliminando una volta per tutte certi beceri revisionismi salottieri proposti dai media: nel fascismo non c’è niente da riabilitare. Non solo perché è stato alleato di chi commetteva genocidi, ma anche perché da protagonista si è reso responsabile di azioni tremende in Etiopia, in Cirenaica, in Grecia, ha costruito lager dove la gente andava a morire. Prima di tutto, bisogna uscire da questa retorica».
Se intende la retorica del “ha fatto cose buone” che talvolta persiste, com’è possibile che ancora ci sia gente che non ne vuole sapere di abbandonarla?
«Non ne vogliono sapere perché non sanno, l’ignoranza può essere uno strumento formidabile. E bisogna abbattere certe false convinzioni che vengono portate avanti, raccontare la verità. Come la tanto strombazzata bonifica dell’agro pontino: su un territorio di otto milioni di ettari, il fascismo ne ha bonificato solo cinquecentomila, è una menzogna di regime. Ed è anche ora di finirla con smettiamola anche con la storia degli “italiani brava gente”, la brava gente è dappertutto, non c’è nazione per la brava gente».
Eppure a Verona stanno intitolando una strada a Giorgio Almirante.
«Non riesco a capire come si possa prendere una decisione simile. Parliamo di un fascista che non è mai pentito del suo passato e delle sue azioni, uno che ha fucilato partigiani. Non si può pensare a una sua riabilitazione, chi lo pensa si faccia prima una domanda, non si può pensare di andare nei talk show televisivi e parlare di queste cose a cuor leggero, pretendendo di insegnare e rivisitare la storia».
Si pone sempre il problema delle nuove generazioni e del loro coinvolgimento in un processo di vero recupero della memoria.
«Io comincerei da presto, molto presto, addirittura dalla scuola dell’infanzia l’insegnamento dei diritti repubblicani e della Costituzione, l’insieme della cultura che tutto questo ci trasmette. Non c’è bisogno di andare lontano per insegnare l’antifascismo perché lo troviamo direttamente nella nostra Costituzione, che è la nostra legge. E quando qualcuno comincia a criticarla dicendo che si tratta di una legge divisiva io rispondo che sì, è vero che è divisiva perché è assolutamente antifascista e segna il confine di due territori».
In questo momento politico lei crede davvero che possano ripetersi certe situazioni viste in passato e possa davvero tornare il fascismo?
«Se devo essere sincero, più che del ritorno del fascismo in questo momento sono più preoccupato delle campagne anti-migranti. I pericoli ovviamente ci sono, il fascismo diventa pericoloso soprattutto se acquista spazi pubblici e intendo nei politici».
Vede qualche forma di fascismo nel comportamento dei nostri politici?
«Se si discrimina, il fascismo c’è. Per questo non sopporto i discorsi del tipo “prima gli italiani”, la forma corretta deve essere “prima chi ha bisogno”».
Da quando la Giornata della memoria è stata istituita il contesto politico sociale è molto cambiato.
«Sì, è cambiato ma non è questo il fulcro del problema. Sta diventando una routine celebrativa, appunto, mentre la memoria serve per edificare una società senza violenza, soprusi e sfruttamento dei più deboli. Adesso assistiamo ai teatrini di persone che fanno il viaggio ad Auschwitz, poi tornano e fanno discorsi contro i Rom e i migranti. Rivelando così lo scopo puramente strumentale dei loro teatrini. Mi preoccupa anche il fatto che Israele istituisca la Giornata della memoria e poi metta in atto politiche nefaste e oppressive nei confronti dei palestinesi».
Che cosa non condivide, quindi?
«Per esempio che ci si focalizzi soltanto sulla Shoah e sulla specifica antisemita. A mio parere la Giornata della memoria deve essere mettere in evidenza che ciò che si è fatto non deve succedere più. Sono ebreo e certamente so che c’è stata la Shoah, ma non bisogna dimenticare che nei campi di concentramento sono stati uccisi cinquecentomila Rom sinti e altri due milioni e mezzo in giro per l’Europa, che sono stati assassinati slavi, fascisti, omosessuali e che i primi a morire in questo sterminio sono stati i portatori di handicap. La Giornata della memoria deve celebrare il ricordo di fino a quale punto possa arrivare l’odio, non ci devono essere vantaggi nel partecipare a queste celebrazioni. Il vantaggio deve essere quello che deriva dal praticare rispetto e giustizia».
Come ci si può arrivare?
«Intanto eliminando una volta per tutte certi beceri revisionismi salottieri proposti dai media: nel fascismo non c’è niente da riabilitare. Non solo perché è stato alleato di chi commetteva genocidi, ma anche perché da protagonista si è reso responsabile di azioni tremende in Etiopia, in Cirenaica, in Grecia, ha costruito lager dove la gente andava a morire. Prima di tutto, bisogna uscire da questa retorica».
Se intende la retorica del “ha fatto cose buone” che talvolta persiste, com’è possibile che ancora ci sia gente che non ne vuole sapere di abbandonarla?
«Non ne vogliono sapere perché non sanno, l’ignoranza può essere uno strumento formidabile. E bisogna abbattere certe false convinzioni che vengono portate avanti, raccontare la verità. Come la tanto strombazzata bonifica dell’agro pontino: su un territorio di otto milioni di ettari, il fascismo ne ha bonificato solo cinquecentomila, è una menzogna di regime. Ed è anche ora di finirla con smettiamola anche con la storia degli “italiani brava gente”, la brava gente è dappertutto, non c’è nazione per la brava gente».
Eppure a Verona stanno intitolando una strada a Giorgio Almirante.
«Non riesco a capire come si possa prendere una decisione simile. Parliamo di un fascista che non è mai pentito del suo passato e delle sue azioni, uno che ha fucilato partigiani. Non si può pensare a una sua riabilitazione, chi lo pensa si faccia prima una domanda, non si può pensare di andare nei talk show televisivi e parlare di queste cose a cuor leggero, pretendendo di insegnare e rivisitare la storia».
Si pone sempre il problema delle nuove generazioni e del loro coinvolgimento in un processo di vero recupero della memoria.
«Io comincerei da presto, molto presto, addirittura dalla scuola dell’infanzia l’insegnamento dei diritti repubblicani e della Costituzione, l’insieme della cultura che tutto questo ci trasmette. Non c’è bisogno di andare lontano per insegnare l’antifascismo perché lo troviamo direttamente nella nostra Costituzione, che è la nostra legge. E quando qualcuno comincia a criticarla dicendo che si tratta di una legge divisiva io rispondo che sì, è vero che è divisiva perché è assolutamente antifascista e segna il confine di due territori».
In questo momento politico lei crede davvero che possano ripetersi certe situazioni viste in passato e possa davvero tornare il fascismo?
«Se devo essere sincero, più che del ritorno del fascismo in questo momento sono più preoccupato delle campagne anti-migranti. I pericoli ovviamente ci sono, il fascismo diventa pericoloso soprattutto se acquista spazi pubblici e intendo nei politici».
Vede qualche forma di fascismo nel comportamento dei nostri politici?
«Se si discrimina, il fascismo c’è. Per questo non sopporto i discorsi del tipo “prima gli italiani”, la forma corretta deve essere “prima chi ha bisogno”».