La Nuova Sardegna

Fiabe di Sardegna: «Così portiamo sulla scena le antiche favole del focolare»

di Monica De Murtas
Fiabe di Sardegna: «Così portiamo sulla scena le antiche favole del focolare»

In edicola la terza uscita della collana dedicata alle fiabe di Sardegna. Pier Paolo Conconi: «Con i contos de foghile il recupero di un grande patrimonio»

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A chi non piace sentire raccontare una storia? Il gioco della narrazione è antico quanto l’uomo e non è solo una cosa per bambini. Nell’arco della vita si passa dalla passione per le fiabe a quella per i libri gialli o per i film horror, da “Tex Willer” a “Dragonball” a “La casa di carta”, ma il meccanismo non cambia. Insomma: sono tutte fiabe, perché ciò che ci guida in questo gioco creativo è sempre la stessa, automatica, ancestrale pulsione: vivere quella storia in prima persona, come fosse, per il tempo di un racconto, la nostra stessa vita. È questo semplice meccanismo che accelera il battito cardiaco quando si guarda un film d’azione, ma anche quando Cappuccetto rosso incontra il lupo cattivo.

MAGIA E PERFIDIA
A una delle forme più antiche di racconto: la fiaba, è dedicata la collana della Nuova “Fiabe di Sardegna” che approfondisce il ricco panorama di storie sarde abitate da fate, principesse mostri, eroi, streghe e stregoni. Questi ultimi personaggi: magici, grotteschi a volte perfidi altre volte custodi delle sorti degli umani sono i protagonisti del volume in edicola da oggi. Negli ultimi trent’anni di attività la compagnia di teatro per ragazzi La Botte e il cilindro ha approfondito l’universo dei “Contos de foghile”, i “racconti del focolare” in lingua sarda tramandati oralmente nei secoli e diffusi ovunque nell’isola. La ricerca ha dato vita ad un’originale trasposizione che ha trasformato la fiaba sarda in spettacolo teatrale.

PERCORSI DI IDENTITÀ
“La prima edizione di “Contos de Foghile”, ispirata al libro omonimo di Franco Enna, risale al 1986 – dice Pier Paolo Conconi regista Botte e il cilindro – e resta ad oggi uno dei lavori più amati dai nostri giovani spettatori e più rappresentati sia in Sardegna sia fuori dei confini dell’isola. Fondamentale per la genesi del nostro lavoro è stata appunto l’opera di Enna autore di numerosi libri per ragazzi e di raccolte di fiabe popolari sarde. Non dovremmo mai dimenticare il valore della fiaba che per il bambino è il primo racconto e come tutte le prime volte è una scoperta straordinaria. Un viaggio inaspettato ed emozionante da ripetere all’infinito. Per questo i più piccoli chiedono di raccontare ciclicamente la stessa storia, vogliono studiare ogni elemento, conoscere ogni aspetto, attendere il lieto fine. La fiaba è per il bambino una mappa attraverso cui conoscere il mondo, orientarsi».

IDENTITÀ E TRADIZIONE
Dopotutto anche gli adulti amano rileggere libri e riguardare i film culto, ridere a battute che conoscono a memoria e commuoversi ogni volta che muore Madame Butterfly o il piccolo E.T. ritorna dai genitori sull’astronave aliena. Ma per il bambino riascoltare all’infinito la stessa storia ha una valore ben preciso e profondo perché la fiaba è un pilastro sul quale costruire la propria identità. «Se ogni fiaba è un elemento attraverso cui scoprire chi siamo, l’incontro con gli antichi “Contos de foghile” rappresenta per il bambino: lettore-spettatore un passaggio chiave che lo mette in contatto con le radici della comunità di appartenenza. «E’ stato questo il motivo cardine che ci ha spinto a portare i contos dentro un progetto di teatro per ragazzi – prosegue Conconi – . Un’operazione non facile in cui il più grosso nodo da sciogliere è stato quello della mediazione linguistica fra il sardo e l’italiano». Il risultato è uno spettacolo coinvolgente in cui le due lingue si legano assieme attraverso l’utilizzo della filastrocca e del canto in sardo.

NARRATORI POPOLARI
Dopotutto «nessuna forma di racconto è più teatrale della fiaba – sottolinea Enna nell’introduzione alla prima edizione dei “Contos de foghile del 1984” –. Basterebbe ascoltare dal vivo un autentico narratore popolare per scoprire performance degne di Carmelo Bene, dove ogni pausa, ogni espressione, ogni acuto sono finalizzati a catturare l’attenzione del pubblico. La fiaba scritta perde un buon sessanta per cento di fascino rispetto a quella raccontata». Il racconto orale è dunque un valore prezioso, da non perdere. «Per questo è importante che nei primi anni di vita – prosegue Conconi – siano gli adulti, i genitori, i nonni a raccontare ai piccoli le fiabe come facevano i nostri avi seduti intorno al focolare. La narrazione è un contatto forte e rassicurante, è come una carezza, come un sorriso. La fiaba è una certezza che arriva dalla persona di cui i bambini si fidano di più, la fiaba è: verità, e con se porta un feedback sia al piccolo ascoltatore che al narratore consolidando il loro rapporto. Le fiabe dicono cosa è bene e cosa è male e per questo hanno un grande valore formativo e preparano i bambini alle prove, ai “riti di passaggio” che nella vita dovranno, presto o tardi, affrontare».

MEMORIA ORALE
Gli antichi “Contos de foghile” ci raccontano i riti della comunità sarda attraverso la testimonianza diretta dei “contadores” (narratori): custodi di una preziosa memoria orale di: fiabe, racconti, filastrocche e canti sardi. «La passione di Franco per questo mondo affascinante che rischiava di essere dimenticata – conclude Conconi – nasce anche da una preziosa esperienza diretta, essendo lui il figlio di una virtuosa mastra ’e contascias (maestra di fiabe: Amelia Piredda. Nel realizzare il nostro progetto teatrale abbiamo acquisito l’eredità di Amelia e di altri narratori imparando come alcuni lavori essenziali nell’antica economia agro-pastorale fossero l’occasione per esercitare l’arte del narrare, della poesia e del canto. Ogni contos tramanda da una generazione all’altra le antiche storie legate all’abilità del fare e alla conservazione delle tradizioni di una cultura povera, semplice culla di moralità e di bellezza. Per questo motivo, nell’allestimento dello spettacolo abbiamo ricostruito momenti di lavoro come la filatura, la cottura del pane e il lavaggio delle lenzuola con la lisciva, lavori che venivano svolti nel regno misterioso della donna: il focolare, fuoco rosso da cui scappano scintillando i diavoletti, luogo di comunione con altre donne, le comari, con cui ripetere antichissime formule magiche apotropaiche».

PANE E ACQUA
Perché la favola, oltre a educare e ad essere utile per aiutare il bambino a costruire la propria identità, serve anche a esorcizzare le oscure forze maligne, serve a non soccombere a incantesimi di streghe e stregoni che non fanno lievitare il pane nei forni, non fanno bollire l’acqua e spezzano i fili di lana nei rocchetti. Perché la favola è verità, sì, ma anche meraviglia: magia della parola contro l’atavica paura dell’ignoto.

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