Dante, il poeta che inventò l’Italia
di Antonio Calabrò
I due nuovi libri di Cazzullo e Barbero sull’architrave della nostra letteratura
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L’identità italiana è, soprattutto, poetica e letteraria. Siamo una comunità che nasce prima della nazione e ha le sue fondamenta “nella cultura e nella bellezza”, “nei libri e negli affreschi”. E c’è un uomo determinante in quest’origine: Dante Alighieri, “il padre dell’Italia”. Così scrive Aldo Cazzullo in A riveder le stelle, Mondadori, un intenso, emozionante racconto su “il poeta che inventò l’Italia”, un lungo viaggio seguendo passo passo le pagine della Divina Commedia, considerato come il libro fondante della lingua italiana quando, eccezion fatta per i fiorentini, non la parlava ancora nessuno. Si parte dalla notte del venerdì santo nella primavera del 1300, da “una selva oscura”, s’incontra una guida, Virgilio, sommo poeta latino, l’autore di quell’Eneide in cui si celebra, tra l’altro, il mito di fondazione di Roma (e dunque, per strade contorte, dell’Italia) e poi, per ritrovare “la diritta via” e la luce, si scende all’Inferno, nel cuore della sofferenza degli uomini. Un percorso tortuoso e doloroso, che Cazzullo rilegge con grande maestria, raccontando di Ulisse e del conte Ugolino, di Paolo e Francesca, di Lucifero e del Papa, ripercorrendo quel viaggio in Italia con attenzione anche agli aspetti contemporanei del “bel Paese dove il sì suona”.
Un gioco di memoria viva, tra politica e amore (con l’ombra costante di Beatrice, la sofferenza per l’assenza, la speranza dell’incontro), con la lucida idea del destino che ci investe tutti: inventare e costruire l’Italia, allora e ricostruirla e farla rivivere oggi.
Dante è il titolo essenziale della biografia scritta da Alessandro Barbero per Laterza sull’uomo che fa da architrave della nostra letteratura ma anche di molti dei giudizi che da secoli, riletti e reinterpretati (Foscolo, Leopardi, Manzoni), indicano il bene e il male della coscienza civile. Di lui molto sappiamo molto, per biografie e riferimenti già vicini alla sua epoca (Boccaccio, Petrarca, l’umanista Leonardo Bruni con la sua “Vita di Dante” del 1436). Ma restano ancora pagine da interpretare e chiarire. Lo fa bene Barbero, con sapienza di storico e mano felice di scrittore, raccontando guerre comunali e intrighi politici, passioni e ragioni diplomatiche, in un’Italia che esce dal Medio Evo e si avvia verso le luci dell’Umanesimo tra conflitti e commerci, miserie e splendori cortigiani. Che proprio Dante Alighieri ci ha disvelato con la sua opera. E di cui vale sempre la pena saperne di più.
Un gioco di memoria viva, tra politica e amore (con l’ombra costante di Beatrice, la sofferenza per l’assenza, la speranza dell’incontro), con la lucida idea del destino che ci investe tutti: inventare e costruire l’Italia, allora e ricostruirla e farla rivivere oggi.
Dante è il titolo essenziale della biografia scritta da Alessandro Barbero per Laterza sull’uomo che fa da architrave della nostra letteratura ma anche di molti dei giudizi che da secoli, riletti e reinterpretati (Foscolo, Leopardi, Manzoni), indicano il bene e il male della coscienza civile. Di lui molto sappiamo molto, per biografie e riferimenti già vicini alla sua epoca (Boccaccio, Petrarca, l’umanista Leonardo Bruni con la sua “Vita di Dante” del 1436). Ma restano ancora pagine da interpretare e chiarire. Lo fa bene Barbero, con sapienza di storico e mano felice di scrittore, raccontando guerre comunali e intrighi politici, passioni e ragioni diplomatiche, in un’Italia che esce dal Medio Evo e si avvia verso le luci dell’Umanesimo tra conflitti e commerci, miserie e splendori cortigiani. Che proprio Dante Alighieri ci ha disvelato con la sua opera. E di cui vale sempre la pena saperne di più.