L’isola degli scrittori: da Gusai ad Argiolas la carica degli esordienti
di Matteo Porru
La Sardegna fa da sfondo ai romanzi di Usala e Zedda Storie di identità e diversità nel libro di Marcelli Pitzalis
27 aprile 2022
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In Sardegna si è sempre scritto molto e, fra i molti, non sono mancati grandi autrici e grandi autori che hanno fatto la storia della letteratura italiana: per fare due nomi, uno per parte, Grazia Deledda e Giuseppe Dessì. Un’altra prospettiva interessante è quella degli esordi che, ogni anno, ci restituiscono un immaginario più vivo e variegato dell’isola. Insieme a tendenze, esplorazioni, e ogni tanto avanguardie, di belle e giovani penne.
La Sardegna
Per Antine, il protagonista di “Come in cielo, così in mare” di Giovanni Gusai, la Sardegna è l’addio e il ritorno, una visione attuale e dolorosa con cui convivono generazioni di ragazzi. Ne “La rinnegata” di Valeria Usala, è un paese di malelingue che non ha accettato l’indipendenza di Teresa e, per questo, la uccide. È una terra apocalittica, invece, quella raccontata da Michele Mureddu in “Tutte le strade finiscono qua”, dove a farla da padrone sono la desolazione, la ferocia e gli effetti nucleari che Leonardo deve affrontare per ritrovare la famiglia. In “Naccheras” di Ilenia Zedda, prevalgono un’arcaicità elegante e la forza evocativa delle tradizioni che si intrecciano con le storie di Caterina e Francesco. Ciro Auriemma esalta umori, malumori e ambientazioni della Nuoro del primo dopoguerra ne “Il vento ci porterà”.
Le tendenze
Una costante di molti esordi sardi è il rapporto con la malattia o con la disabilità. Ne scrive Ivano Argiolas in “Paura di guarire”, parlando della sua esperienza di talassemico con tono intimo. Maria Grazia Zedda, ne “Il fruscio degli eucalipti”, affronta il tema grazie alla tortuosa e avvincente storia di Martina, una giovane ragazza non udente. Giulia Binando Melis affida a Mina, la protagonista de “La bambina sputafuoco”, uno sguardo morbido e fantastico che combatte il male quando entra in un corpo. Corpo che è la peggiore delle prigioni e il più grande dei dolori per Roberto Sini, che lo abita ne “La sesta nota” di Gianni Usai. Rimane costante anche un filone giallo, sostenuto quest’anno da Maria Francesca Chiappe e dalla misteriosa morte di una donna magistrato a Villasimius raccontata in “Non è lei”.
Opere coraggiose
Spiccano due romanzi coraggiosi. Il primo è di Danilo Lampis, si intitola “Essere giovani non è una scusa” e affronta la dinamica delle relazioni, la Sardegna di oggi e le sue storture, denunciando il capitalismo alienante e l’incertezza dei nostri tempi: temi impegnativi ma affrontati con uno stile fluido e un’incisività necessaria. Il secondo è “Questo è il corpo. Rituale dei giorni nuovi” e il suo autore, Simone Marcelli Pitzalis, costruisce un’interessante storia di identità, diversità e presente che attraversa una ragazza transgender, Veronica. Una scrittura che è una catarsi profonda, e in certi passi disturbante, aiutata da una innovativa e sorprendente voce narrante non binaria.
La Sardegna
Per Antine, il protagonista di “Come in cielo, così in mare” di Giovanni Gusai, la Sardegna è l’addio e il ritorno, una visione attuale e dolorosa con cui convivono generazioni di ragazzi. Ne “La rinnegata” di Valeria Usala, è un paese di malelingue che non ha accettato l’indipendenza di Teresa e, per questo, la uccide. È una terra apocalittica, invece, quella raccontata da Michele Mureddu in “Tutte le strade finiscono qua”, dove a farla da padrone sono la desolazione, la ferocia e gli effetti nucleari che Leonardo deve affrontare per ritrovare la famiglia. In “Naccheras” di Ilenia Zedda, prevalgono un’arcaicità elegante e la forza evocativa delle tradizioni che si intrecciano con le storie di Caterina e Francesco. Ciro Auriemma esalta umori, malumori e ambientazioni della Nuoro del primo dopoguerra ne “Il vento ci porterà”.
Le tendenze
Una costante di molti esordi sardi è il rapporto con la malattia o con la disabilità. Ne scrive Ivano Argiolas in “Paura di guarire”, parlando della sua esperienza di talassemico con tono intimo. Maria Grazia Zedda, ne “Il fruscio degli eucalipti”, affronta il tema grazie alla tortuosa e avvincente storia di Martina, una giovane ragazza non udente. Giulia Binando Melis affida a Mina, la protagonista de “La bambina sputafuoco”, uno sguardo morbido e fantastico che combatte il male quando entra in un corpo. Corpo che è la peggiore delle prigioni e il più grande dei dolori per Roberto Sini, che lo abita ne “La sesta nota” di Gianni Usai. Rimane costante anche un filone giallo, sostenuto quest’anno da Maria Francesca Chiappe e dalla misteriosa morte di una donna magistrato a Villasimius raccontata in “Non è lei”.
Opere coraggiose
Spiccano due romanzi coraggiosi. Il primo è di Danilo Lampis, si intitola “Essere giovani non è una scusa” e affronta la dinamica delle relazioni, la Sardegna di oggi e le sue storture, denunciando il capitalismo alienante e l’incertezza dei nostri tempi: temi impegnativi ma affrontati con uno stile fluido e un’incisività necessaria. Il secondo è “Questo è il corpo. Rituale dei giorni nuovi” e il suo autore, Simone Marcelli Pitzalis, costruisce un’interessante storia di identità, diversità e presente che attraversa una ragazza transgender, Veronica. Una scrittura che è una catarsi profonda, e in certi passi disturbante, aiutata da una innovativa e sorprendente voce narrante non binaria.