Riccardo Milani al cinema con il film su Rombo di tuono: «Se ci fossero più Gigi Riva il mondo sarebbe migliore»
Il regista: «È il progetto della mia vita: l’ho convinto dopo vent’anni»
Gigi Riva il calciatore, la leggenda, il campione, l’uomo. Riccardo Milani racconta lo storico numero 11 del Cagliari. Più che un documentario, il suo, è un biopic con protagonisti Riva, i suoi compagni di squadra e di vita, gli amici, i tifosi, i colleghi e quella Sardegna in cui arrivò nell’estate del 1963 e che subito scelse come casa. Due ore e mezzo abbondanti che scorrono veloci, in cui l’ultimo pensiero dello spettatore è l’orologio. Domani, giorno del 78esimo compleanno di Gigi Riva, “Nel nostro cielo un Rombo di tuono”, il film diretto da Riccardo Milani, prodotto da Wildside, Vision Distribution, in collaborazione con Sky e il sostegno della Regione, della Film Commission, del Comune di Cagliari, della Fondazione di Sardegna e del Cagliari Calcio, esce nelle sale cinematografiche. E la prima sarà inevitabilmente a Cagliari.
Milani, perché il regista principe della commedia, di “Benvenuto presidente” e “Come un gatto in tangenziale”, decide di fare un film su Gigi Riva?
«Intanto, perché le commedie hanno sempre un fondo di umanità, disperazione. Nascono dalla voglia di sorridere su tematiche importanti. Nelle commedie c’è sempre l’esaltazione dell’umanità. Ma al di là di questo, il film su Gigi Riva è il progetto della mia vita che ho inseguito per vent’anni. Dalla prima volta che ho incontrato Gigi fino a quando non l’ho convinto».
È stata dura ottenere il sì?
«Diciamo che è un po’ nel suo stile non volere apparire, non dico niente di nuovo. Ma io ho insistito perché ero consapevole che fosse l’operazione giusta da fare. Le cose che Gigi ha detto e fatto sia giocando a pallone che fuori dal campo hanno dato e insegnato molto. Non ho mai più trovato persone così rigorose, oneste, pulite, coraggiose come lui. Il coraggio è un valore e Gigi è uno che ha saputo dire di no, pagandone anche il prezzo».
Com’è riuscito a farlo capitolare?
«Penso che Gigi abbia capito la mia buona fede, la mia sincerità, anche un po’ l’affetto. Questo film è un grazie gigantesco a Gigi, alla terra che lo ha ospitato. In quegli anni dalla Sardegna sono arrivate grandi lezioni. Non dimentichiamo che quando Gigi arrivò era la terra in cui si veniva sbattuti per punizione. Gigi l’ha trasformata, ha aiutato il cambiamento sociale e culturale di un’isola e di un popolo. Lo ha compattato amandolo».
Più che un documentario possiamo definirlo un film interpretato dai suoi veri protagonisti.
«È esattamente quello che ho cercato di fare. Quando ho raccontato a Gigi del progetto quello che lo faceva titubare era che lui dovesse essere presente. Ma penso che per raccontare un personaggio come Riva avrei potuto mettere qualsiasi attore ma non avrebbe avuto la verità, l’emotività che ha avuto lui con le sue parole, i suoi modi di essere, i suoi silenzi. Era anche complicato trovare un altro Riva: è un personaggio unico che non andava toccato, sporcato».
I sardi non sono famosi per essere uniti, si dice “chentu concas chentu berrittas”, ma una cosa che li accomuna è l’amore per Gigi Riva. Cosa l’ha colpita del legame tra Riva e l’isola?
«I sardi hanno valori come la socialità, l’ospitalità, il rispetto della parola data. Come mi ha detto Antonio Marchi, della forestale di Gavoi, Riva ha un po’ sposato l’isola, ma in fondo c’è sempre stato. È arrivato in Sardegna che aveva già nella testa quelle linee guida, quei modelli».
Come nasce il suo amore per Riva?
«Ero e sono interista per sbaglio. Sono romano di San Giovanni, mio padre era laziale e fece l’errore di portarmi a vedere Lazio-Inter. Vinse l’Inter 3 a 1 e da quel momento sono interista per tutta la vita. Ma quando è arrivato Riva è diventato subito un modello. In quel tema che leggo nel film si capisce che ero consapevole già da allora di quanta influenza avesse su di noi bambini, e non solo. Quando ha avuto l’infortunio in Austria ho pianto. Fu un vero dramma. Era un uomo di alto profilo, non solo in campo».
Discrezione, attaccamento alla maglia, coerenza: esistono altri Gigi Riva?
«Non saprei, ma alle persone come lui io mi aggrappo, sono una speranza per noi tutti. Nel film dico che se ci fosse stato qualche Gigi Riva in più avremmo avuto un mondo con più persone perbene».
Da domani il film sarà al cinema. Andare in sala e non sulla piattaforma è una scelta?
«Gigi merita uno scenario nobile, il più alto possibile. Era ed è nostra volontà celebrarlo in una sala con la gente che ha sempre amato. Cominciare dalla Sardegna, dal giorno del suo compleanno è voluto, inseguito come obiettivo perché penso sia giusto abbia una risposta della gente e che l’abbia collettiva. Il cinema è un rito collettivo importante. Il film di Gigi non meritava che ognuno lo vedesse a casa propria».
Riva ha visto il film montato?
«No, solo il trailer e altre piccole cose. Ha ricevuto però pareri positivi da parte di chi lo ha visto. Io però ho fatto davvero poco, ho raccontato al meglio quello che lui ha fatto. Questo film lo hanno scritto lui e la sua squadra. Quel Cagliari con quei 13-14 giganti che compì il miracolo e ruppe un equilibrio. Fu una rivalsa sociale e storica».
Negli ultimi anni Riva appare poco. Ma domani sera crede che sarà alla prima?
«Questo rimane nella sfera di Gigi. Ha sempre dettato lui e io ho seguito la sua volontà. Gigi si è affezionato a me, lo vedo anche al di fuori dal film. Vado a casa sua. A parlarci, o a non parlarci. Perché io parlo nelle interviste, ma sono uno molto silenzioso. Capita che vada a trovarlo, ci diciamo quasi zero e stiamo tutti e due zitti. Frequentare la casa di Gigi è una cosa che mi porterò dentro tutta la vita».