La Nuova Sardegna

L'intervista

Angelica Ippolito: «Io e Gian Maria felici nelle baie della Maddalena»

di Fabio Canessa
Angelica Ippolito: «Io e Gian Maria felici nelle baie della Maddalena»

Volonté avrebbe compiuto novant’anni il 9 aprile I ricordi della sua ultima compagna

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Novant’anni fa, il 9 aprile 1933, nasceva Gian Maria Volonté. Tra le persone che lo hanno conosciuto meglio c’è Angelica Ippolito, sua ultima amata compagna. Interprete di formazione teatrale, allieva di Eduardo De Filippo e spesso con lui sul palcoscenico, ma anche protagonista di alcuni grandi sceneggiati televisivi, come “Un amore di Dostoevskij” e “La commediante veneziana”, e attrice di cinema diretta fra gli altri da Alberto Lattuada, in “Oh, Serafina!” che le valse un David speciale, e Damiano Damiani, in “Io ho paura” proprio al fianco di Volonté.

Vi eravate già conosciuti prima di girare quel film nel 1977?

«A parte un incontro anni prima, in un cinema, praticamente l’ho conosciuto sul set del film. Ricordo l’emozione e l’onore di poter recitare con un attore come Gian Maria che, devo dire, mi mise subito a mio agio. Aiutava sempre, in vari modi, gli interpreti che lavoravano con lui. Insomma, mi trovai benissimo e da lì nacque un po’ tutta la nostra storia. Poi dal 1984 abbiamo vissuto insieme, sino alla sua improvvisa scomparsa dieci anni dopo».

Si dice che alla vigilia delle riprese, mentre preparava un personaggio, arrivasse a fare cose strane nella vita privata da quanto era assorto nel suo lavoro. Conferma?

«Quando si preparava per un film, assorbito completamente dal suo lavoro, cambiava. Prima di tutto scriveva tutto il copione a mano, sia le sue battute sia quelle degli altri. Entrava poi nel personaggio, ma non in maniera diciamo naturalistica come un De Niro che ingrassa di tanti chili per “Toro scatenato”. Gian Maria arrivava al personaggio dall’interno, studiandolo profondamente. Mi ricordo quando girava “L’opera al nero” ed ero con lui a Bruges per le riprese: una mattina mi sono svegliata e guardandolo sembrava essere uscito fuori da un quadro fiammingo. Il suo entrare nel personaggio lo trasformava anche fisicamente, una specie di magia che si compiva attraverso una comprensione assoluta di quello che doveva fare».

C’è una sua interpretazione che ama particolarmente?

«Mi commuove molto il monologo alla fine di “Sacco e Vanzetti”, ma in ogni film c’è qualcosa che incanta del suo lavoro».

Volonté aveva un rapporto speciale con La Maddalena. Fu lui a farle scoprire l’isola dove torna spesso anche oggi?

«Ero già stata tante volte in Sardegna, però mai alla Maddalena. Il primo impatto fu incredibile: arrivammo a Palau un 30 dicembre e non c’erano più traghetti perché tardi. Gian Maria chiamò un amico e in barca facemmo quel tratto di mare sotto le stelle, con un freddo tremendo perché era pieno inverno. Poi mi portò subito a Guardia Vecchia che lui adorava. Abbiamo passato sull’isola molto tempo, in diverse stagioni dell’anno. In estate ricordo che il 22 luglio, il giorno della festa di Santa Maria Maddalena, salivamo sul suo gozzo con delle provviste e scendevamo a terra solo all’inizio di settembre. Vivevamo in barca, nelle varie baie. Sistemati sottocoperta con due materassini di gomma, delle pile per leggere al buio, un fornelletto a gas. Un’esperienza scomodissima, però meravigliosa».

Da quasi vent’anni La Maddalena ospita il festival “La valigia dell’attore”, dedicato a Volonté e diretto dalla figlia Giovanna.

«Con tutte le difficoltà di organizzare eventi culturali, l’incertezza del sostegno pubblico, Giovanna porta avanti una bellissima manifestazione. Credo sia importante onorare un grande attore come Gian Maria Volonté, andrebbe studiato nelle scuole. Purtroppo molti ragazzi non sanno chi sia».

Lei ha conosciuto bene anche un maestro come Eduardo De Filippo. Ma è vero che tentò di dissuaderla dall’idea di fare l’attrice?

«Quando andai a dirgli che volevo provare a entrare all’Accademia d’Arte Drammatica mi chiese se fossi davvero sicura di voler fare questo mestiere ma mi aiutò a prepararmi. Più in là però mi disse: “Sei veramente brava”. Per me la soddisfazione più grande».

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