La Nuova Sardegna

Intervista

Pierpaolo Spollon: «Il cinema è il mio primo amore, ma farei anche il conduttore tv»

di Alessandro Pirina
Pierpaolo Spollon: «Il cinema è il mio primo amore, ma farei anche il conduttore tv»

Star delle serie, ospite al Figari film fest

13 giugno 2024
4 MINUTI DI LETTURA





Giovane, carino, occupatissimo. Pierpaolo Spollon è l’attore del momento, la grande scommessa Rai delle grandi serie. “Doc”, “Che Dio ci aiuti”, “Blanca” sono solo alcuni dei titoli portati al successo dall’attore padovano, in questi giorni a Golfo Aranci al Figari film fest, il festival dei cortometraggi giunto alla 14esima edizione al via oggi dalla spiaggia di Cala Sassari e che vedrà tra gli ospiti anche Eduardo Scarpetta, Matteo Paolillo e Michela De Rossi. Spollon riceverà il premio Guglielmo Marconi per la comunicazione.

Pierpaolo, fare l’attore era il suo sogno da bambino?
«Non l’avevo mai sognato. Un giorno mi successe di vedere “L’ultimo dei Mohicani” con Daniel Day-Lewis e piansi a dirotto. Pensai: sarebbe bello che un giorno questa cosa meravigliosa che io sto provando potessi riuscire a farla provare agli altri».

Negli ultimi 10 anni una serie dopo l’altra. Quando ha capito che la strada imboccata era quella giusta?
«Rispondo molto onestamente: non l’ho ancora capito. Ho ancora molti dubbi, certe volte penso di fermarmi, ritengo che questo mestiere non faccia per me. I miei agenti ridono, ma io continuo a chiedermelo, perché ho sempre grandi aspettative verso me stesso. E quando il risultato non collima con le aspettative - e succede spesso - mi pongo il problema. Mi faccio una marea di domande: forse non è il lavoro per me...».

Prima ha citato i suoi agenti: il vostro mondo è davvero come quello di “Call my agent”?
«Non è così lontano. Credo che “Boris” e “Call my agent” siano un ritratto veritiero, onesto, molto vicino alla realtà di quello che è il mondo del cinema e della serialità. È molto autoironico, ma anche molto fedele alla realtà».

Nel suo curriculum c’è tanta tv. Vorrebbe più cinema? Il suo esordio avvenne con Emanuele Crialese in “Terraferma”.
«Sto ricominciando quest’anno, il cinema è il mio primissimo amore. La lunga serialità ti dà la libertà di vivere di più la famiglia, ma il formato “film secco” è quello che preferisco. Ho girato un film che uscirà l’anno prossimo e se Dio vuole dovrei iniziarne un altro a breve».

A Golfo Aranci sarà al festival dei cortometraggi. Sta cambiando l’approccio degli italiani verso i film brevi?
«Credo di sì. Ormai ci sono festival di corti ovunque. Non è più solo un mezzo esclusivo di chi si sta approcciando al mondo del cinema. È la primissima forma di scuola. Io ho fatto anche 48 ore project, che è il cinema come lo intendo io, alla Cassavetes: un gruppo di amici validi uniti dalla passione per il cinema che partono da un canovaccio e in due giorni scrivono la sceneggiatura, provano, girano e fanno il montaggio. È un consiglio che do a tutti i giovani che fanno corti e vogliono approcciarsi a questo mondo».

“Tutto non benissimo”, cosa l’ha spinta a scrivere il suo primo romanzo?
«Tutto è nato quando ho deciso di fare il mio primo spettacolo a teatro. Avevo letto tante cose sull’angoscia che provano i ragazzi a vivere le proprie emozioni. Questa cosa mi ha preso talmente tanto che anziché 30 pagine ne ho scritte 100. A quel punto ho pensato: perché non riutilizzare quelle altre pagine reinventando una storia di amore che non è altro che l’emozione più forte? Mi sono messo a scrivere con il mio socio Matteo Monforte - con lui faccio gran parte delle cose che faccio - e alla fine mi sono reso conto che l’esercizio è sempre quello: immaginare una storia e raccontarla come un film».

Da padre, artista, impegnato nel sociale come vede il mondo imperversato da guerre?
«Sono molto preoccupato. Dopo un lungo periodo di pace sta emergendo una lotta intestina tra chi vuole meno Europa e più nazioni. Da padre, da giovane, da persona attenta a quello che succede nel mondo francamente ho paura. Oggi il terreno è fertile per lo scoppio di nuove guerre. Tutto nasce dalla paura. Questa necessità di ripensare i confini, il nazionalismo, la paura dell’altro sono sintomo di grande angoscia sociale. Vuole dire che le cose non stanno andando per il verso giusto».

Il successo non le ha impedito di tutelare la sua vita privata. Quando ha detto di avere due figli in tanti si sono stupiti. È considerato un alieno?
«Senza dubbio. Io non ho alzato il dito dicendo di essere nel giusto, ma questa reazione generale non può che dare spunti di riflessione. Dobbiamo chiederci perché un padre che sceglie di tutelare i figli minori desti stupore. Se uno intimamente riesce a darsi una risposta forse capisce che è il caso di fermarci, stiamo esagerando. La scuola Ferragnez insegna: anche loro stanno cancellando le foto. Non mi interessa buttare benzina sul fuoco, ma io sono un sostenitore delle crisi. Io le vedo sempre come un momento di crescita».

Attore e scrittore, un futuro da showman? Qualcuno aveva parlato di lei per Sanremo…
«Sanremo è esagerato, ma in tv mi ci vedo, mi diverto. Io non sono neanche scrittore, mi sono cimentato nella scrittura perché sono molto curioso. Qualsiasi lavoro manuale mi incuriosisce, anche quello del conduttore. Quest’anno ci sono andato vicino, l’anno prossimo chissà che non succeda qualcosa...».

In Primo Piano
Olbia

Il sultano del Brunei vuole Villa Certosa, l’immensa dimora di Silvio Berlusconi a Porto Rotondo

Le nostre iniziative