La Nuova Sardegna

L’intervista

Michela De Rossi: «Con “I Briganti” ho conosciuto le prime donne rivoluzionarie»

di Paolo Ardovino
Michela De Rossi: «Con “I Briganti” ho conosciuto le prime donne rivoluzionarie»

L’attrice romana è in giuria al Figari film fest a Golfo Aranci fino a martedì 18 giugno con proiezioni ed incontri tra addetti ai lavori

15 giugno 2024
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Sassari Nella sua ultima uscita ha dato voce e corpo alle donne del brigantaggio, su Netflix. A ritroso, è entrata nell’universo cult dei “Soprano”, affiancato Antonio Albanese, e debuttato sul grande schermo con i fratelli D’Innocenzo. Michela De Rossi, 31 anni, astro in ascesa tra le attrici della nuova generazione, è in giuria al Figari short film fest. «Ho appena finito di girare una serie Cattleya, ma non posso ancora dire niente», confida mentre passeggia sulla sabbia di Cala Sassari, uno degli scenari del festival che fino a martedì 18 porterà a Golfo Aranci proiezioni di corti nazionali e internazionali. Con lei, anche Eduardo Scarpetta, altra stella del nuovo panorama.

Che ne pensa del cortometraggio?

«Ho partecipato a diversi corti quando ero piccola. Si comincia sempre da lì. Mi piace tantissimo, pur non essendo così esperta. La trovo una sfida interessante: in un tempo ridotto, in pochi minuti, devi lasciare un segno, che è lo stesso che lasceresti con un film da un'ora e mezza o due. Devi togliere e togliere finché non rimane solo il necessario. Non a caso molti iniziano sì, ma anche molti registi ritornano alla forma del corto per sperimentare».

Nel suo lavoro più recente, lei interpreta una donna ribelle, Filomena, nella serie Netflix "I Briganti" uscita ad aprile. Nella colonna sonora c'è anche Iosonouncane. Che esperienza è stata?

«Un ruolo tosto. In sei mesi di lavoro ho girato sul set quasi ogni giorni, dal punto di vista fisico è stato massacrante. Era difficile tenere l'asticella alta perché oltre alla recitazione si aggiungeva il dover maneggiare e sparare con armi dell'Ottocento, e poi le colluttazioni, andare a cavallo...».

Il periodo del brigantaggio non è così noto, vero?

«No infatti. C'è stato tanto studio, anche se non era un documentario ma una serie pop, ed è stato bello conoscere delle donne che a scuola non ti fanno studiare. Sapere che sono esistite donne che comandavano bande di centinaia di uomini, che scappavano dalle loro famiglie per inseguire questa loro vita. Sono state tra le prime donne rivoluzionarie della storia e gran parte della storia di Filomena è vera».

Lei ha lavorato nella serialità e nei film, su tutti "I molti santi del New Jersey" (2021), prequel dei "Soprano". Cosa cambia?

«Io credo che la reale differenza sia la portata del ruolo. Sì, sul lavoro cambia la durata dei mesi di set, ma che sia una serie o un film, molto dipende dalla parte che hai. Se sei il protagonista, come si dice a Roma stai molto più sul pezzo. Se sei un personaggio secondario, capita in un set di due mesi di dover andare solo quattro giorni, ed è faticoso riuscire a mantenere la parte quando il tempo è così dilatato. Andare tutti i giorni sul set e tenere viva la fiamma è relativamente facile, invece girare oggi e poi dover tornare dopo un mese, ecco lo trovo complesso e faticoso».

Mi dia uno sguardo sulla scena attoriale italiana.

«Sono sconvolta da quanti colleghi bravi ho (ride, ndr). Non scherzo, secondo me anzi il livello di attori e attrici tra i 20 e i 35 anni che abbiamo ora supera il livello della proposta, non ci sono abbastanza progetti in grado di metterli in risalto. Io stessa quando vado ai provini e prendono un'altra attrice che stimo, penso: "E vabbè certo, è bravissima».

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