La Nuova Sardegna

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Buon gusto – Speciale panadas

Di anguilla o agnello è in formato maxi

di Enrico Gaviano
Una Panada cruda con anguille
Una Panada cruda con anguille

Star di Assemini nasce per essere condivisa e viene preparata con tutti gli ingredienti crudi

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Cultura, identità e stagionalità. Tre caratteristiche che bene descrivono cosa è e cosa rappresenta la Panada di Assemini per la cittadina alle porte di Cagliari e per l’intera gastronomia sarda. Un prodotto che ha da qualche anno anche la denominazione Pat (prodotto agroalimentare della tradizione) nelle sue due varianti: con le anguille e con l’agnello. L’inserimento nella lista dei prodotti tipici della Sardegna si deve al Gruppo folk Città di Assemini e all’ agriturismo Is Scalas, che si trova lungo la statale 130 che costeggia Assemini. A parlare della panada di Assemini è Maria Carmela Deidda, antropologa, classe 1956, che gestisce con la famiglia l’agriturismo Is Scalas.

«La panada di Assemini è un prodotto identitario, fa parte della nostra storia. Del resto basta guardare la conformazione del territorio comunale in cui si trovano montagna, pianura e laguna. Quindi tutti gli alimenti inseriti nella ricetta della panada provengono da Assemini: anguille, agnelli, patate e altri prodotti della terra, il grano che si semina ancora». Inevitabile il riferimento antropologico per questo delizioso piatto abbastanza grande perché viene preparato generalmente per 4/6 persone.

«La panada ha certamente un’influenza spagnola e latina, in particolare le Baleari, e il Sudamerica. Il fine è quello di avere in tavola un alimento da condividere tutti insieme in famiglia. Condivisione che è una delle differenze con le panadas di Oschiri e Cuglieri, che addirittura possono anche essere consumate come street food».

Le differenze fra le capitali delle panada in Sardegna non si fermano qui secondo Maria Carmela Deidda. «Oltre alla dimensione c’è una differenza fondamentale nella preparazione. Quelle di Assemini vengono preparate con tutti gli ingredienti crudi, e successivamente cotti in forno. Per questo può durare al massimo due giorni e anche per questo motivo non la si trova in vendita nella grande distribuzione ma chi la vuole consumare deve ordinarla precedentemente. Il prodotto non può essere conservato né abbattuto».

E allora ecco quali sono gli ingredienti e il procedimento di preparazione. «Per la pasta che fa da contenitore si segue il procedimento della pasta violada. Il ripieno: agnello o anguille. Con la carne ci va anche un po’ di strutto. Quindi prezzemolo, aglio, olio d’oliva, pomodoro secco, patate. In primavera le patate possono essere sostituite dai piselli. Chiuso il tutto si inforna a temperatura costante: 170 gradi per circa un’ora e mezza. C’è solo da aggiungere che esiste anche una variante povera, o almeno la sua origine è questa: quando nelle famiglie non avevano l’agnello inserivano le favette».

Deidda dice che non esiste campanilismo fra i diversi centri che producono la panada. «Ci mancherebbe – sottolinea –. Parliamo di prodotti che fanno parte della nostra tradizione e sono un orgoglio per tutti noi. In questi anni abbiamo anche organizzato eventi con il titolo significativo: Le vie della panada. Iniziative che hanno fatto emergere le identità territoriali e sono servite a creare un percorso culturale e di confronto fra le varie realtà».

Confronto che è stato fatto anche con le Isole Baleari dove le impanadas (in spagnolo i prodotti in cui il pane avvolge un ripieno) sono ugualmente frutto di cultura e tradizione. «Alcuni rappresentanti di Maiorca e Minorca sono venuti qua a vedere il nostro lavoro e speriamo di ricambiare presto. Nelle Baleari c’è anche una madonnina che ha in mano una panada e si trova in una chiesetta dei frati mercedari. Abbiamo fatto fare una riproduzione e l’abbiamo fatta benedire dai frati dello stesso ordine, che stanno nella Basilica di Bonaria. Un segno di devozione e vicinanza con i nostri amici spagnoli». La madonna si trova nella sala dell’ agriturismo al fianco di un bel museo di maschere sarde.

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