La Nuova Sardegna

L’intervista

Virginia Raffaele: «Ad Alghero ho riscoperto l’amore per i luna park»

di Alessandro Pirina
Virginia Raffaele: «Ad Alghero ho riscoperto l’amore per i luna park»

L’artista romana chiude a Cagliari un tour di oltre 200 date

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Il favoloso mondo di Virginia non è solo quello a cui lei ci ha abituati in televisione, al cinema. Il suo favoloso mondo inizia addirittura prima che lei venisse alla luce. Figlia e nipote di artisti circensi, Virginia Raffaele, oggi una delle star più acclamate di piccolo e grande schermo, è infatti cresciuta nel luna park dell’Eur, che fu fondato proprio dai nonni. Un mondo che oggi non c’è più, ma che lei ha deciso di fare rivivere sul palcoscenico. “Samusà” è il titolo dello spettacolo che, per la regia di Federico Tiezzi, l’artista romana porterà al Teatro Massimo di Cagliari oggi 19 dicembre, domani e sabato. Tre date sold out che sono inserite nella rassegna Pezzi Unici firmata Cedac.

Virginia, questo spettacolo è un ritorno alla sua infanzia...

«È una sorta di racconto, di reinterpretazione delle giostre a mio modo. I miei nonni avevano fondato il luna park dell’Eur, poi il parco ha chiuso. Quasi per esorcizzare questo lutto mi sono portata via le giostre, sono diventata io stessa una giostra per divertire il pubblico».

Come era la vita di una bambina cresciuta in un luna park?

«È quello che un po’ racconto nello spettacolo. Il punto di vista del giostraio è diametralmente opposto a quello dell’avventore. Ha uno sguardo diverso sulla gente, più disincantato. Io a 5 anni già lavoravo. Un modo diverso di assaggiare la libertà. Dentro il luna park era una sorta di Truman Show: quella gabbia dorata che per gli altri era divertimento, per me era casa, la mia cameretta, i compiti, le feste. Era una casa senza porte».

Da bambina i suoi coetanei la invidiavano?

«Usavo questa carta dell’essere giostraia per essere accettata e portarli sulle giostre».

Quando ha capito che faceva ridere gli altri?

«Ho sempre fatto la buffona, fin da piccola. Mi divertiva vedere gli altri che ridevano per qualcosa che facevo. Oppure lo facevo per risollevare l’atmosfera o per fare ridere la maestra che così magari chiudeva un occhio».

Venendo da una famiglia di circensi ha mai pensato che il suo destino sarebbe potuto essere un altro?

«Magari. Ogni tanto penso a mia nonna acrobata e cavallerizza, al suo rapporto con il trapezio, con l’aria e mi rendo conto che io non so fare niente».

Chi erano i suoi miti?

«Gigi Proietti su tutti. E poi sono cresciuta con il Trio, Alberto Sordi, Monica Vitti».

Che effetto fa essere lei oggi un mito per i più giovani?

«Non so se sono un mito, ma il riscontro del pubblico è bellissimo. Da chi mi dice cose stupende a chi semplicemente mi abbraccia, alle letterine di bambine di 8 anni che mi scrivono: da grande voglio diventare come te. Mi fa anche impressione, perché a me sembra di avere iniziato da tre anni, mentre sono già venti. Ma continuo a vivere tutto con gratitudine e stupore, senza mai dare nulla per scontato. Lettere, disegni, biglietti: leggo e tengo tutto. Sarà perché da bambina l’avevo fatto anche io...».

A chi scrisse?

«A Proietti. Ma non ho mai avuto il coraggio di dargliela».

E glielo ha mai raccontato?

«Certo».

Torna al teatro dopo un anno di grandi successi tra tv con “Colpo di luna” su Rai 1 e cinema con “Un mondo a parte” di Riccardo Milani. Quale è il palco in cui si muove meglio?

«Ognuno ha il suo fascino, ma il teatro è sempre casa».

Il primo personaggio imitato?

«Suor Gonzaga. Io ho fatto la scuola dalle suore e lei veniva a prendere la retta. Sembrava un personaggio Disney che chiedeva solo soldi».

Il primo famoso?

«Fu in radio: Giusy Ferreri».

Quello che la diverte di più?

«Mi diverto con tanti, ma sicuramente Ornella Vanoni e Barbara Alberti».

L’imitazione che l’ha meno soddisfatta?

«Non direi che non mi ha soddisfatta, ma è quella che è stata compresa meno. Parlo di Sandra Milo. Quando l’ho immaginata ho pensato a Fellini, al circo. Eravamo a Sanremo e misi su un allestimento notevole. Lo feci con ammirazione, simpatia. Mi spiace che non lo abbia compreso. Era una tipologia di satira-omaggio, non una presa in giro fine a se stessa. Come feci anche con Carla Fracci».

Come sceglie i personaggi da imitare?

«Quello che mi colpisce di più è la parlata, come si muovono, ma anche la loro storia».

Il prossimo non me lo dice?

«Esatto».

Cosa c’è nel suo 2025?

«Sicuramente c’è la Sardegna. A febbraio-marzo verrò a fare i sopralluoghi per il nuovo film di Riccardo Milani (nel cast anche Diego Abatantuono e Aldo Baglio, ndr). Ma sono felicissima anche di chiudere in Sardegna questa lunga tournèe di oltre 200 date, Covid incluso».

C’è un motivo particolare?

«Da quando chiusero il parco dell’Eur, era il 2007, non avevo mai più messo piede in un luna park. Poi, nell’estate 2019 venni ad Alghero a trovare degli amici e dopo anni per la prima volta rientrai in un parco. Ricordo che riuscii a sentire un contatto strano, perché alla fine a noi giostrai c’è un filo che ci lega. Ed è stato bello ritrovarlo in Sardegna. Ecco perché sono felice di chiudere questo tour proprio nel posto che mi ha riaperto le porte di un luna park».

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