La Nuova Sardegna

L'intervista 

La manager Mattea Lissia: «La cultura deve diversificare, troppe proposte simili»

di Paolo Ardovino
La manager Mattea Lissia: «La cultura deve diversificare, troppe proposte simili»

Originaria di Calangianus, da 25 anni organizza festival culturali di successo 

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Le parole si rincorrono, come il tempo per gli spostamenti, per gli eventi, per gli incastri da organizzare. Mentre parla, Mattea Lissia ha davanti a sé tanti cerchi rossi sul calendario. Nel giro di qualche giorno Roma, poi Lotzorai, quindi Sassari, Oschiri e Belvì.

Parla di «“Un anno sull’altipiano. Sul palco il nipote di Emilio, il pianista Pietro Lussu e Felice Montervino. Un progetto molto bello, l’abbiamo portato anche ad Armungia, ovvio, e a Barcellona». Il pluralis maiestatis indica Insulae Lab, il centro di produzione che da Berchidda ormai da più di un anno porta in giro per il Mediterraneo concerti di jazz e non solo. La chiave è proprio «l’entusiasmo» di Mattea Lissia, direttrice generale del progetto nato con Paolo Fresu, ma più in grande manager culturale e organizzatrice di festival culturali da venticinque anni. Il suo in Sardegna è un profilo quasi unico. Ora l’isola sembra in continuo fermento. I festival si moltiplicano, gli appuntamenti con reading e mini concerti, presentazioni di libri e talk a più voci sono all’ordine del giorno, ma lei osserva con lucidità: «È un bene che tutti lavoriamo così tanto, ma è un male che tutto venga concentrato nei soliti periodi», spiega Lissia. Ma è un discorso che chiama in causa i decisori delle iniziative culturali, vale a dire le istituzioni politiche. L’altra veste per cui è nota al grande pubblico è di direttrice artistica di “Pazza idea”. L’edizione 2024 del festival ha portato a Cagliari, sotto il grande tema del “Disegnare orizzonti”, personalità come Zerocalcare, Giulia Caminito, Vera Gheno, Luca Sofri.

«Ormai ho deciso: voglio avere ospiti che non sono stati altrove in Sardegna – racconta Lissia – e questo perché ormai gli autori fanno i tour, gli eventi si somigliano un po’ tutti». Così come i festival «diventano tutti delle rassegne, diluiti in troppi giorni». E invece per lei, originaria di Calangianus, con sede a Cagliari ma con radici in ogni punto dell’isola, «devi creare una scatola. In pochissimi giorni puoi realizzare qualcosa di speciale, che da mattina a sera crei un’esperienza tutta sua, è questo il modo per portare nuovi lettori, nuovi curiosi e non gli stessi fruitori». Tra i rapporti professionali più duraturi, c’è quello con Paolo Fresu e Berchidda, prima con Time in Jazz e poi con Insulae Lab, appunto. «Uno dei cinque centri di produzione jazz in Italia, l’idea è mettere insieme musicisti e personalità e vedere cosa nasce. Oltre allo spettacolo, gli artisti vengono nel paese e stanno una settimana. Diventa un’elaborazione di idee e un percorso che ha quasi dello spirituale». Se pensa agli albori della sua carriera, Lissia ricorda realtà ambiziose dove però dietro le scrivanie, a comp

ilare rendiconti e scartoffie burocratiche sedevano gli stessi artisti che poi andavano in scena: «Ho pensato: così non funziona, perché non c’è chi si occupa di tutto questo?». E ha perseguito questa strada: pensate a tutti i festival letterari sardi più importanti degli ultimi due decenni e lei ci ha messo lo zampino. Ora? «Penso si debba puntare sulla cultura digitale e l’arte contemporanea, e poi il linguaggio, i temi di attualità». Tornando al principio: «Ma le proposte tendono a somigliarsi tutte». L’evoluzione passa dallo scontro tra passato e futuro. «I primi a non capire la differenza tra la qualità delle iniziative sono gli amministratori pubblici. Ed è la politica che decide come distribuire le risorse e dove. Abbiamo visto esperimenti terribili come il click-day. In più abbiamo una vecchia guardia di addetti ai lavori che non molla ma che non è più in grado di stare al passo».
 

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