La Nuova Sardegna

Nuoro

«Il cantore degli oppressi per questo è amatissimo»

di Luciano Piras
«Il cantore degli oppressi per questo è amatissimo»

Il poeta della Barbagia visto da Dino Manca, filologo e curatore della biografia «Rappresenta il riscatto sociale, il sentimento dell’appartenenza e dell’identità»

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NUORO. «Ottimo, da sempre». Senza ombra di dubbio, come fosse una certezza assodata. Risponde così, Dino Manca, alla domanda “Qual è il rapporto attuale tra Sebastiano Satta e la sua città, Nuoro?”. «Sebastiano Satta è amatissimo e non solo dai nuoresi – spiega il professore di Filologia della letteratura italiana –. Egli è stato per tutti il poeta degli ultimi e degli oppressi, il cantore del riscatto sociale. Sassari, ad esempio, la città d’elezione (“sua seconda patria”) che lo accolse e trattò come un figlio, lo onorò, a dieci anni dalla morte, con un’epigrafe incisa a imperitura memoria».

Docente all’università di Sassari (dove insegna anche Letteratura e filologia sarda e Comunicazione letteraria della Sardegna), nuorese classe 1965 di Corte de susu (la madre è una Guiso, il padre di Sorgono), Dino Manca è il curatore del volume su Sebastiano Satta in uscita questa settimana con la collana della Nuova Sardegna “I grandi personaggi”. «Molte scuole sarde sono a lui intitolate – sottolinea –. Molti circoli di immigrati nel mondo portano ancora oggi il suo nome».

Perché i ragazzi dovrebbero leggere Sebastiano Satta?

«Perché Sebastiano Satta fa parte della migliore eredità sociale di una ben distinta comunità di destino, quella barbaricina – assicura ancora il professore universitario –. Se l’identità culturale di un popolo si identifica con l’organizzazione del “patrimonio mentale storico dei suoi membri”, il sentimento dell’Isola nell’opera di Satta si traduce in sentimento dell’appartenenza e dell’identità. Identità come spazio comunicativo e simbolico e come immagine e mito di se stessi».

Già curatore del volume su Grazia Deledda uscito a novembre scorso per la stessa collana della Nuova Sardegna, componente della Commissione per l’Edizione nazionale dell’Opera omnia della scrittrice Premio Nobel (il professore nuorese partecipa anche ai lavori della nuova Edizione nazionale delle Opere di Luigi Pirandello), Manca assicura che «senza identità non c’è conoscenza e la conoscenza inizia sempre dalla soglia di casa».

L’epigrafe riportata nella lapide di marmo posta nella casa di Satta parla di “Poeta di Barbagia”. Un titolo che ancora oggi gli si attribuisce per antonomasia…

«Il giudizio è fondato. La sua voce più autentica va infatti ricercata nella trasfigurazione metaforica della Barbagia in quanto archetipo del sentimento lirico, luogo dell’anima, delle figure e dei miti ricorrenti, nella capacità di tradurre in arcana suggestione una nota paesistica attraversata da sconfinate solitudini e silenzi infiniti, ancestrali e atavici, nell’attitudine antropomorfizzante e simbolica oltre che nell’utilizzo di formule di discorso allusivo e indeterminato, nel rapsodo di leggende ed evocatore di certi aspetti della vita sarda, nel “Bustianu” più tormentato, intimista e raccolto, lontano dalla sterile mitologia della violenza, dell’odio e della vendetta».

Abbocau e poeta. Un maestro, un modello di riferimento sempre attuale, in una città, Nuoro, fucina di grandi avvocati e poeti in limba. È così?

«Quella nuorese è stata da sempre una intellighenzia di formazione umanistico-giuridica (Satta fu un valente avvocato penalista), orientamento questo comune a tutte le aree in cui la mancanza di un ceto intellettuale di indirizzo scientifico ha coinciso con la quasi totale assenza di un’economia industriale. “Se i ricchi sardi studiassero l’agricoltura e l’applicassero alle loro terre – ebbe a scrivere la Deledda – ogni malanno sarebbe finito. Invece studiano leggi, studiano medicina, filosofia, belle lettere e diritto romano, ma lasciano incolta la terra che non produce e che quindi non dà lavoro né pane ai poveri”. Una cultura umanistica – chiude Dino Manca – che, almeno in letteratura, ebbe poco di innovativo e sperimentale, ma rielaborò invece elementi propri di un rinnovato filone classicista, inserito all’interno di una specifica tematica sarda, dalla quale attinsero, con esiti non di rado lusinghieri, le voci più originali e autentiche (Sebastiano Satta fu l’interprete più autorevole)».

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