Nuoro, in cammino per Santu Frantziscu
di Luca Urgu
Lo scrittore americano Eliot Stein tra i pellegrini in viaggio nella notte dalla città al santuario a Lula
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NUORO. Lacrime, sudore, sangue. Gioia, amicizia, fede. Promesse da onorare tra paganesimo e religiosità. San Francesco di Lula è una delle feste sarde più antiche e misteriose. Riti che attraggono da secoli migliaia di pellegrini. E ancora oggi sono vivi e ricchi di pathos. Un fascino che ha colpito anche chi per professione racconta le bellezze del mondo. È il caso di Eliot Stein, 38 anni, scrittore e giornalista statunitense. Ha realizzato tanti reportage per i più prestigiosi quotidiani americani e inglesi (The New York Times, Wired, The Guardian, The Washington Post, Vice, Condé Nast Traveler, Cnn, Usa Today, National Geographic, The Independent) sei anni fa scrisse un articolo su Bbc travel sul “filindeu”, la pasta di fili sottilissimi che da sempre si gusta per la festa di San Francesco a chi varca le porte del candido santuario.
Quell’articolo ottenne un grande successo (oltre 3 milioni di lettori) facendo conoscere “su filindeu” ad un pubblico anglosassone che scoprì questa e altre singolarità della nostra isola. In questi giorni lo scrittore è tornato a Nuoro per fare il cammino di San Francesco e vivere alcuni dei momenti più pregnanti di questa festa intrisa di religiosità e paganesimo. A questo appuntamento – tra aspetti gastronomici e di fede – dedicherà uno dei dieci capitoli del libro a cui sta lavorando. Una pubblicazione che punta il focus dello scrittore e viaggiatore attento alle tante particolarità – tra riti, tradizioni, espressioni – esistenti a livello planetario, tanto che il titolo dovrebbe essere “the last people on earth,” ( edito da St martin’s press) e include storie da cinque continenti. Ebbene in questo suo affascinante tour dall’Europa, all’America passando per l’Asia ci sarà posto anche per un pezzo significativo di Sardegna da osservare da latitudini lontane con una nuova luce. Domenica primo maggio dopo aver trascorso la notte in cammino (33 chilometri) recuperava le energie davanti al sagrato della chiesetta ritemprato da caffè, dolci e dall’immancabile filindeu e a un bicchiere di vino rosso. La sera prima un saluto all’amico chef Francesco Nanu del ristorante Il Rifugio, una delle culle della buona cucina in città.
«Penso che sia meraviglioso e bello come si conservano le tradizioni: la straordinaria lingua sarda, i costumi, il canto di tenore, e i loro riti religiosi. La festa di San Francesco è solo un altro esempio di questa bella eredità e per me è stato un onore prendere parte quest’anno. Ho avuto il grande piacere di camminare al fianco di uno dei pellegrini più esperti della festa (Paolo Ladu), che da 44 anni procede scalzo per un voto che fece e continua a onorare», racconta Stein che tra pochi giorni sarà nella sua New York a riabbracciare moglie e figlio di appena un anno. «È stata una situazione molto emozionante da vivere. Ho scelto di procedere con lui – con il suo passo – perché la sua è davvero una storia incredibile. Che colpisce», ha rimarcato mentre conversa con un venditore di torrone di Desulo e osserva i campanacci di diversa forgia per pecore, capre e vacche realizzate dagli artigiani di Tonara. Lo scrittore americano se non affetto da “mal di Sardegna” poco ci manca. Da universitario ha vissuto a Cagliari per due anni e all’isola ha dedicato diversi articoli. Tra questi anche un reportage sulla corsa degli scalzi di Cabras a cui partecipò in prima persona. «È una terra che mi ha dato tanto e appena posso provo a restituire qualcosa con il mio lavoro».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Quell’articolo ottenne un grande successo (oltre 3 milioni di lettori) facendo conoscere “su filindeu” ad un pubblico anglosassone che scoprì questa e altre singolarità della nostra isola. In questi giorni lo scrittore è tornato a Nuoro per fare il cammino di San Francesco e vivere alcuni dei momenti più pregnanti di questa festa intrisa di religiosità e paganesimo. A questo appuntamento – tra aspetti gastronomici e di fede – dedicherà uno dei dieci capitoli del libro a cui sta lavorando. Una pubblicazione che punta il focus dello scrittore e viaggiatore attento alle tante particolarità – tra riti, tradizioni, espressioni – esistenti a livello planetario, tanto che il titolo dovrebbe essere “the last people on earth,” ( edito da St martin’s press) e include storie da cinque continenti. Ebbene in questo suo affascinante tour dall’Europa, all’America passando per l’Asia ci sarà posto anche per un pezzo significativo di Sardegna da osservare da latitudini lontane con una nuova luce. Domenica primo maggio dopo aver trascorso la notte in cammino (33 chilometri) recuperava le energie davanti al sagrato della chiesetta ritemprato da caffè, dolci e dall’immancabile filindeu e a un bicchiere di vino rosso. La sera prima un saluto all’amico chef Francesco Nanu del ristorante Il Rifugio, una delle culle della buona cucina in città.
«Penso che sia meraviglioso e bello come si conservano le tradizioni: la straordinaria lingua sarda, i costumi, il canto di tenore, e i loro riti religiosi. La festa di San Francesco è solo un altro esempio di questa bella eredità e per me è stato un onore prendere parte quest’anno. Ho avuto il grande piacere di camminare al fianco di uno dei pellegrini più esperti della festa (Paolo Ladu), che da 44 anni procede scalzo per un voto che fece e continua a onorare», racconta Stein che tra pochi giorni sarà nella sua New York a riabbracciare moglie e figlio di appena un anno. «È stata una situazione molto emozionante da vivere. Ho scelto di procedere con lui – con il suo passo – perché la sua è davvero una storia incredibile. Che colpisce», ha rimarcato mentre conversa con un venditore di torrone di Desulo e osserva i campanacci di diversa forgia per pecore, capre e vacche realizzate dagli artigiani di Tonara. Lo scrittore americano se non affetto da “mal di Sardegna” poco ci manca. Da universitario ha vissuto a Cagliari per due anni e all’isola ha dedicato diversi articoli. Tra questi anche un reportage sulla corsa degli scalzi di Cabras a cui partecipò in prima persona. «È una terra che mi ha dato tanto e appena posso provo a restituire qualcosa con il mio lavoro».
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