La Nuova Sardegna

Nuoro

Il Giubileo

La cattedrale di Nuoro, con i suoi 150 anni di storia, ha adeguato gli spazi liturgici

di Alessandro Mele

	L'adeguamento liturgico in cattedrale (foto di Massimo Locci)
L'adeguamento liturgico in cattedrale (foto di Massimo Locci)

Santa Maria della Neve ha una nuova mensa per l’eucarestia e introduce l’ambone

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Nuoro Sopra quel colle con vista monte Ortobene, la storia della città si respira tutta. Con essa, quella della cattedrale di Santa Maria della Neve che ha festeggiato e celebrato i primi 150 anni della sua esistenza, trascorsi al centro della comunità e di tutte quelle vicende che ne hanno segnato la vita politica e sociale. Una vita di fede trascorsa da protagonista di fatti importanti, dai moti de su connottu all’avvento della statua del Redentore. Nel mezzo, vescovi, canonici, poeti e artisti.

Dopo 150 anni Santa Maria della Neve si rinnova. Si adegua ai dettami del Concilio vaticano II e porta davanti alla comunità dei fedeli, davanti a Nuoro e all’intera diocesi, la sua nuova mensa e un ambone. Che la dedicazione del nuovo altare sia solenne, lo raccontano tanti gesti della liturgia, presieduta dal vescovo Antonello Mura e concelebrata dai sacerdoti di tutta la diocesi. Una liturgia piena di profumi, l’incenso e la ceralacca del sigillo vescovile; e di canti sacri o litanie che si alternano scandendo l’ennesimo tuffo nella storia per l’antica sede vescovile, casa del capitolo dei canonici e di un popolo intero di fedeli, tutti come estasiati. Santa Maria della Neve per l’occasione è gremita.

Il nuovo altare La dedicazione è piena di passaggi che sanno di mitologia. Lettura di pergamene con date e protagonisti, unzioni con l’olio crismale, sono solo un momento di qualcosa che in realtà è più grande. Il nuovo altare, progettato da Angelo Ziranu, è la mensa, l’ara latina memoria del sacrificio, che bene si colloca in mezzo a tutto quel neoclassico dell’edificio ottocentesco pensato dal frate architetto sassarese Antonio Cano. E bene si colloca nello spazio antistante al più antico altare col tempietto di Giacomo Galfrè e al coro ligneo dell’ebanista Antonio Tettamanzi. Testimoni di altre e poche e di altra storia. Perché, come ha detto monsignor Antonello Mura «la chiesa cattedrale ha una storia, ma non è immobile nel tempo».

L’omelia «È come se prendessimo atto che le dedicazioni non sono mai fatte una volta per tutte – ha detto il vescovo di Nuoro, parlando dal nuovo ambone –. Nella storia delle nostre chiese, e non solo della cattedrale, c’è una lunga serie di dedicazioni che ci dimostrano che esse non avranno mai fine, perché i luoghi, anche liturgici, sono sempre incompiuti, come d’altronde è sempre in itinere la stessa comunità e la sua costruzione. L’obiettivo, è dare nel tempo nuova voce, nuovi spazi e nuovi orizzonti al vangelo, alla sua comprensione nel tempo». E ha aggiunto: «La dedicazione di oggi, ci ricorda che questa chiesa ha una storia e non è immobile nel tempo. Una memoria plurale che emerge prepotentemente quando si arriva nella piazza circostante, con questo edificio che si rivela come un’apparizione, un sussulto, un canto che si eleva al cielo e che ti invita prima a sostare ammirato e poi ad entrare, scoprendovi una casa per tutti. La nostra è una celebrazione ricca di simboli e di gesti. In ognuno di essi possiamo rileggere la nostra storia fin dal battesimo; una storia che continua, che ci precede e che continuerà anche senza di noi. È la storia di un amore, quello di Dio, e dei nostri tentativi, talvolta faticosi, di rispondergli».

L’arciprete «La chiesa edificio deve essere segno della Chiesa pellegrina sulla terra e immagine della Chiesa beata del cielo – ha affermato don Giovanni Maria Chessa, parroco della cattedrale e arciprete –. Per questo è richiesto che l’edificio sia adatto alle sacre celebrazioni, dignitoso, si presenti come simbolo e segno delle realtà ultra terrene, e ancora per questo deve essere immagine dell’assemblea riunita, deve consentire l’ordinata e organica partecipazione di tutti e favorire il regolare svolgimento dei compiti di ciascuno». «Dopo il Concilio vaticano II e le disposizioni di “Principi e norme per l’uso del Messale Romano” vennero date indicazioni circa la disposizione dell’altare, della sede e dell’ambone nel presbiterio. Per impulso e finanziamento di monsignor Mosè Marcia vennero presentati due progetti, poi approvati dalla Soprintendenza, entrambi dell’architetto Angelo Ziranu. Nel presente intervento si è proceduto alla collocazione del nuovo altare e finalmente a dotare di ambone la Cattedrale. La sede verrà prossimamente collocata».

Tre reliquie nell’altare progettato da Angelo Ziranu Si tratta di frammenti, cosiddetti ex ossibus, delle beate Antonia Mesina, Maria Gabriella Sagheddu ed Edvige Carboni. Insieme alla pergamena di dedicazione con i sigilli, il vescovo Antonello Mura le ha inserite in uno spazio apposito all’interno della nuova mensa eucaristica. Un momento di grande commozione, che ha suscitato l’emozione di tutti i presenti e che ha voluto segnare ancora di più, la vicinanza del popolo dei fedeli ai nuovi spazi liturgici della cattedrale di Santa Maria della Neve. Alla celebrazione solenne, era presente, oltre alle autorità civili e militari del territorio, anche l’architetto e progettista oranese Angelo Ziranu. «Il progetto risponde a quanto il Concilio vaticano II ha deliberato in termini di spazi liturgici – ha commentato –. Il progetto si inserisce e si contestualizza in armoni ai vari interventi che hanno coinvolto la cattedrale di Nuoro, non ultimo il recupero e riposizionamento dell’altare del Galfrè».

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