Così il Pakistan trova casa a Onifai: il paese cresce con i nuovi arrivati
Due famiglie asiatiche, 15 persone in tutto, scelgono di vivere in Baronia. Il sindaco Monne: «La nostra visione? Accogliere e coinvolgere»
Onifai Escono dal palazzo comunale confortati dalle parole rassicuranti delle assistenti sociali e funzionarie e con qualche documento in mano. Il più giovane, poco più di 20 anni, sogna di aprire qua un ristorante con la cucina del suo Pakistan. Il padre e lo zio, commercianti di stoffe che hanno vissuto fino a pochi mesi fa a Olbia, lo guardano con un sorriso di speranza. In effetti il ragazzo, appena arrivato dall’Asia, è ancor un po’ spaesato. Non solo per i seimila chilometri di distanza finora percorsi, anche l’italiano è una barriera, lingua sconosciuta a cui occorre del tempo per prendere le giuste misure. Mancano almeno nel calendario una quindicina di giorni per salutare l’inverno ma a Onifai sembra già primavera, quasi venti gradi verso mezzogiorno e il sole della Baronia già tiepido che illumina il viso dei nuovi residenti. Due nuclei familiari di quindici persone, inclusi dei bambini in età scolastica, hanno scelto di venire a vivere nel paese di 700 residenti. Un approccio iniziato nei mesi scorsi con le prime visite in paese e in altri centri vicini per lavoro. Poi, la convinzione sempre più forte che in questo paese, ordinato, pulito e con la sensibilità giusta da parte della comunità potesse essere il luogo più adatto per dare una base ancora più forte alla loro esistenza in occidente.
«Sì, ci è piaciuto subito, abbiamo trovato due case che accogliessero le nostre famiglie. Che è subito una buona base. Abbiamo trovato molta cortesia sia in Comune che tra la gente e i nostri bambini sono seguiti e frequentano la scuola», dice Shah Zarwali, che la scorsa settimana ha ricevuto in municipio durante una sobria cerimonia la cittadinanza italiana. Per il sindaco Luca Monne anche dalla loro presenza può arrivare un contributo prezioso alla sua piccola comunità e per i suoi servizi a rischio come le scuole, quell’avamposto dell’istruzione troppe volte messo in discussioni da meri calcoli ragionieristici. «È chiaro a tutti che con con i nostri attuali numeri non sempre riusciamo a difendere tutti i servizi che vorremmo conservare in paese. Presidi importanti come le scuole. Ebbene, anche le altre etnie possono darci una mano a dare nuova linfa e a rivitalizzare il nostro paese, che come molti centri dell’interno, ha un alto indice di invecchiamento e uno bassissimo di natalità», ha detto il sindaco Monne. «Ho avuto modo di conoscerli in queste settimane e l’impressione è stata più che buona. La nostra visione è quella di accogliere e coinvolgere. Sono convinto che dal confronto e dall’aiuto ci potrà essere solo un arricchimento reciproco».
Appena usciti dal Comune che li segue con attenzione con le varie professionalità (assistenti sociali e funzionari) per coinvolgerli in una serie di attività i nuovi residenti raccontano il rapporto con il paese. Un’impressione più che buona dal primo momento. Parlano di una tranquillità che si tocca con mano, di cortesia anche in un semplice saluto privo di diffidenza. Un modo di vivere distante dal caos delle città dove è molto più difficile venire ascoltati e trovare risposte, anche per le più semplice esigenze quotidiane. Insomma il clima ideale per ripartire in un paese anche a misura dei bambini, inseriti sia a scuola e subito partecipi delle attività della comunità e dei loro pari come in questi giorni le iniziative per carnevale. Uno dei piccoli dei nuovi residenti gioca con gli altri bimbi di Onifai nel cortile interno del caseggiato scolastico. Poi lo si vede uscire e raggiungere la casa presa in affitto dalla famiglia, probabilmente per il pranzo. Anche questa è tranquillità e crescita serena.