La Nuova Sardegna

Olbia

Berchiddeddu, matriarche in cucina: la tradizione si salva con le mani in pasta

Dario Budroni
Le donne  che fanno parte dell'associazione
Le donne che fanno parte dell'associazione

Un’associazione di sole donne sforna dolci e gnocchetti. I laboratori si svolgono nell'antico borgo abbandonato di Battista

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OLBIA. Le matriarche dei fornelli si ritrovano tutte qua, in questo minuscolo borgo di pietra attraversato da un limpido fiumiciattolo che scende giù lento dalla montagna. Un paesaggio incantato che ben si presta a tutto ciò che accade dietro la porta dell’unico stazzo ristrutturato del posto. È qui dentro, attorno a un tavolo di legno posizionato davanti a un grande camino, che ogni settimana si danno appuntamento solamente donne.

Passano il tempo a impastare, infornare, assaggiare e scambiarsi consigli. E a fine giornata il risultato è di tutto rispetto, tra vassoi pieni di gnocchi, squisiti dolci e ravioli pronti da immergere nell’acqua bollente. È il lavoro dell’associazione culturale «La cucina delle matriarche», nata proprio per promuovere e tramandare la cultura enogastronomica della Sardegna attraverso soprattutto l’educazione al gusto dei buoni sapori.

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Le matriarche del borgo. La frazione di Berchiddeddu è circondata di piccoli borghi. Uno di questi si chiama Battista ed è praticamente abbandonato. La famiglia Bazzu ha però cominciato una importante operazione di recupero, ristrutturando e arredando un primo stazzo con il gusto tipico di chi ama le tradizioni del passato. Uno stazzo di famiglia che adesso ospita anche gli incontri dell’associazione di donne. «Io e Simonetta Bazzu abbiamo una passione in comune: la cucina – racconta la presidente dell’associazione, Maria Antonietta Mazzone –. Tra di noi ci divertiamo molto e allo stesso tempo scopriamo e manteniamo vive le nostre tradizioni culinarie».

Le matriarche, tra l’altro alcune giovanissime, ogni settimana scoprono qualcosa di nuovo. Con l’aiuto di alcune esperte, e la supervisione di Maria Antonietta Mazzone e di Simonetta Bazzu, seguono una serie di laboratori per creare la pasta sarda, il pane cerimoniale, i dolci della sposa, i culurgiones, i pastissus, le seadas, la mazza frissa e il pane pasquale. Basta che sia sardo, basta che sia tradizionale. A fare da contorno, molto spesso, è anche la musica. Come quella del gruppo «Su cunzertu antigu», il primo ensemble totalmente al femminile composto da brave studentesse universitarie alle prese con organetto e canto sardo.

Tradizione da salvare. Maria Antonietta Mazzone, ex assessore provinciale e grande appassionata di cucina, è particolarmente felice del percorso intrapreso. «Ci sono tradizioni che si stanno perdendo. È un immenso patrimonio che va salvato a tutti i costi – spiega –. E quindi è nata la volontà di riunirci per scambiarci pareri e trasmetterci tutto ciò che sappiamo. Tutto questo è politica. Perché mantenere vive le tradizioni e promuovere la cultura del mangiare sano è senza dubbio un atto politico dirompente».

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