La Nuova Sardegna

Olbia

La rinascita di Diana: "Così sono sfuggita alla fame e alla violenza"

Diana Toska con il suo libro (foto Gavino Sanna)
Diana Toska con il suo libro (foto Gavino Sanna)

Un libro di Diana Toska racconta la fuga dall'Albania nel 1995 e la sua nuova vita a Olbia

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OLBIA. Lei adesso è una giovane nonna che non smette mai di sorridere. Invece ventitré anni fa era una ragazza che aveva seriamente rischiato di finire sul fondo del canale di Otranto. Scappava dalla miseria di una nazione al collasso, ma fuggiva soprattutto da lui, da un marito violento che troppe volte l’aveva pestata a sangue, davanti ai suoi due bambini.

Ardjana Toska, 50 anni, per tutti Diana, con coraggio ha deciso di raccontare il suo terribile passato. E ne ha fatto un libro che è un vero pugno allo stomaco. «Lo faccio per i miei due figli, che adesso sono diventati grandi. Ma lo faccio anche per tutte le donne che sono vittime di violenza e per far inoltre capire perché, ancora oggi, si è spesso costretti a scappare dai propri paesi a bordo di barche e gommoni». Albanese, e da qualche anno cittadina italiana, Diana Toska a Olbia ha cominciato una nuova vita, lasciandosi alle spalle un passato fatto di botte e umiliazioni. Qui, dopo anni di battaglie e peripezie, è riuscita a portare anche i suoi due figli, Adenisa e Amarildo, oggi entrambi genitori. Una lunga storia che è appena diventata un libro che si intitola «Una gioventù distrutta», edito da Taphros.

Un libro presentato al ristorante Kelos, in via della Stampa, una traversa di viale Aldo Moro insieme alla giornalista Marella Giovannelli e a Tonino Cau, il fondatore del Labint, il laboratorio interculturale per l’integrazione di cui Diana Toska è diventata una colonna portante.

«L’idea di scrivere un libro è nata il giorno del 30esimo compleanno di mia figlia, quando le avevo scritto una lettera in cui ero riuscita a raccontarle delle cose che non ero mai riuscita a dire – spiega Diana –. Io adesso ho 50 anni e penso che sia arrivato il momento di aprire il mio cuore. Ho avuto la sfortuna di vivere sotto due dittature: quella del regime comunista in Albania e quella di casa mia, cioè la dittatura di mio marito. Ho sofferto tantissimo e l’unico motivo che mi ha spinto a lottare sono stati i miei figli. Questo libro è dedicato a tutte quelle donne che soffrono in silenzio e che non riescono a trovare il coraggio di ribellarsi. A loro io dico che tutto ciò è possibile».

Diana Toska, in città, è una donna molto conosciuta. È molto apprezzato il suo lavoro di volontaria all’interno del Labint, dove organizza diversi progetti per promuovere l’integrazione tra etnie coinvolgendo in particolare le donne. Tra le altre cose, da qualche tempo si è anche messa al lavoro per riunire tutta la comunità albanese che vive in città. (d.b.)

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