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La Maddalena, il dottore va in pensione dopo 44 anni: «I nuovi medici si preparino a lottare»

di Stefania Puorro

	Michele Demontis oggi e, accanto, l'iscrizione all'Ordine dei medici nel 1979
Michele Demontis oggi e, accanto, l'iscrizione all'Ordine dei medici nel 1979

Michele Demontis appende il camice al chiodo. «Un lavoro totalizzante che non posso più sostenere»

25 agosto 2024
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La Maddalena. «Che cosa posso dire ai giovani che vogliono diventare medici di famiglia? Preparatevi a combattere, perché è davvero una vita dura». Michele Demontis, medico di medicina generale a La Maddalena, dopo 44 anni di attività andrà in pensione il prossimo 31 agosto. Si guarda indietro, ripercorre tutta la sua carriera con il camice bianco, rivive i momenti con i suoi pazienti, e si rivolge a chi vorrà fare il dottore come lui.

Una professione che Demontis ha scelto con convinzione e che ha amato da sempre. Ma ora dice basta. «Voglio ringraziare tutti i miei assistiti per le manifestazione di stima e affetto ricevuti. Per alcuni, il non aver accettato di prolungare sino a 72 anni, ora ne ho 70, è vissuto come una specie di tradimento, ma il lavoro era ormai divenuto totalizzante, con un moltiplicarsi delle incombenze anche burocratiche, comportando un grande impegno psico-fisico che, in tutta serenità, ho ritenuto non essere più in grado di sostenere. So che anche per me sarà complicato adattarsi alla vita di pensionato. In questi anni sono stato più volte dall’altra parte della barricata combattendo e, spero, superando patologie importanti, per poi riprendere l’attività molto prima di quanto prescritto dai colleghi. Ma contro il tempo non si può vincere».

L’emozione è tanta, si intuisce dalle sue parole. Quel che è certo è che sino al suo ultimo giorno di lavoro non si tirerà indietro. Come sempre. «Ora sono in macchina – racconta –, devo fare una visita domiciliare: arrivo a garantirne 130 al mese perché sono una trentina gli assistiti che curo a casa. Tra qualche giorno diventerà un problema occuparsi di loro e di tutti i miei 1600 pazienti, perché i bandi vanno sempre deserti. E qui a La Maddalena, dove nessuno vuole venire e dove l’Ascot non funziona mai, ci sono già altre 1500 persone senza assistenza di base. Tra l’altro io ho anche i marittimi, che nessuno vuole seguire».

I medici di medicina generale, come spiega Demontis, non hanno tregua. «Non ci sono solo le visite da fare, in ambulatorio o a domicilio. La nostra giornata inizia con i messaggi su whatsapp, decine e decine, per avere una ricetta, per ottenere una visita specialistica, per un certificato (che va poi fatto di persona). Senza dimenticare che noi abbiamo solo 12 mensilità e che dobbiamo pagarci il sostituto, tranne nei casi di malattia prolungata».

Michele Demontis, iscritto all’Ordine dei Medici il 6 dicembre del 1979, si è specializzato in Pediatria «ma poi il pediatra non l’ho mai fatto. Quando cominciai a lavorare con mio padre in un ambulatorio open, visitavo anche i bambini ma appena mi hanno offerto un posto di medico di medicina generale ho accettato. E sono andato avanti per 44 anni. Che cosa mi mancherà del mio lavoro? Il rapporto con i pazienti, alcuni dei quali sono con me da quando ho cominciato. Sono tanti gli episodi che non dimenticherò, come i ringraziamenti ricevuti anche con lettere e cartoline, ma sono tanti anche i momenti forti che ho vissuto. Ricordo un paziente che mi aveva chiamato per un forte mal di pancia. “Non mi convi nce”, dissi. E andammo subito in ospedale: era una peritonite avanzata. Mi torna anche in mente la telefonata preoccupata di una giovane che vedeva la madre strana. Ero a cena, mi alzai subito dal tavolo. Corsi da quella donna: aveva una brachicardia grave, si salvò grazie al pacemaker. Sono quelle situazioni che rivivi e di fronte alle quali ripeti a te stesso che hai fatto la cosa giusta. Certo, ci sono stati anche molte situazioni non belle: diagnosi pesanti che non avresti voluto mai fare e centinaia di certificati di morte. E ti senti sempre coinvolto nel dolore delle famiglie. Ma questa è una professione che non ti consente di fermarti, perché c’è sempre qualcuno che ha bisogno di te. Ribadisco ciò che ho detto all’inizio: non è facile fare il medico di medicina generale ma chi vuole percorrere questa strada deve esserne davvero convinto. È una professione totalizzante e le ore da dedicare alla medicina di base non finiscono mai».

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