La Nuova Sardegna

Olbia

La sentenza della Corte d’appello

Tempio, coniugi accusati di usura assolti dopo 18 anni

Sassari la sede della Corte d'Appello
Sassari la sede della Corte d'Appello

Cosimo Muzzu e sua moglie Francesca Puggioni erano stati condannati a sei anni in primo grado

09 ottobre 2024
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Tempio. Condannati a sei anni di reclusione in primo grado, assolti con formula piena “perché il fatto non sussiste” in appello. Un incubo che finisce dopo 18 anni di processo e di accuse che si sono rivelate infondate, per Cosimo Muzzu e per sua moglie Francesca Puggioni, di Tempio, accusati di usura.  I coniugi erano finiti a processo insieme alle due figlie, entrambe assolte dal tribunale di Tempio. I loro genitori, invece, erano stati ritenuti colpevoli dai giudici del collegio  presieduto da Caterina Interlandi, benché lo stesso pubblico ministero Nadia La Femina avesse chiesto, al termine di una lunga requisitoria, l’assoluzione per tutti e quattro gli imputati ritenendo infondate le accuse. «Questa sentenza ci ha stupiti, aspettiamo le motivazioni e presenteremo appello», avevano detto i loro difensori.

Oggi 9 ottobre, la sentenza della Corte d’appello di Sassari, gli ha dato ragione. I coniugi non hanno commesso nessun reato.  La vicenda risale al 2006 quando, in seguito alla denuncia di un imprenditore, scattò l’inchiesta denominata dagli investigatori “Easy money” e nel 2009 il sequestro di circa due milioni di patrimonio tra immobili, terreni e conti correnti. Secondo i capi d’imputazione, Cosimo Muzzu e sua moglie, per anni avevano  prestato denaro a commercianti e imprenditori della zona con tassi che sarebbero partiti dal 60% sino ad arrivare al 330%. Nelle indagini confluirono i dati raccolti dalla guardia di finanza che portarono, nel 2009, al sequestro preventivo di una decina di appartamenti tra Sassari, Tempio, Isola Rossa, Calangianus e al congelamento dei conti correnti intestati alla famiglia. Con la presentazione dei ricorsi da parte dei difensori, tutti i beni erano stati poi dissequestrati, essendo stata dimostrata la loro provenienza lecita. L’impianto accusatorio si è definitivamente sgretolato oggi, nel secondo grado di giudizio. Gli imputati erano difesi dagli avvocati Pietro Diaz e Marco Salis. (t.s.) 

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