La Nuova Sardegna

Olbia

La storia

Olbia, il Circo sardo dalle tigri agli ospedali: «Sempre dalla parte dei bambini»

di Dario Budroni

	Gli artisti del Circo sardo e del Circo Maya Orfei in un ospedale
Gli artisti del Circo sardo e del Circo Maya Orfei in un ospedale

La tradizione della famiglia Casu prosegue nei reparti di pediatria. Ma non mancano le difficoltà: «Senza soldi siamo obbligati a fermarci»

18 ottobre 2024
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Olbia. Le tigri nel camion e la pinguina che fa le uova sono ormai cose di altri tempi. Altro che tendone montato in piazza e lunghe file di bambini con lo zucchero filato in mano: il Circo sardo lotta ogni giorno per non morire e una soluzione può essere quella di indossare una nuova veste. I piccoli spettacoli nei paesi e nelle piazze dei quartieri – messi in piedi quando possibile – non finiscono in soffitta. Restano comunque il cuore di una tradizione di famiglia cominciata più di un secolo fa. Ma si va oltre. E si punta dunque sull’animazione nelle stanze e nei corridoi dei reparti di pediatria degli ospedali. Spettacoli di giocoleria, di equilibrismo, di contorsionismo, di verticalismo. E naturalmente dei clown con il naso rosso e gli abiti abbondanti. È un po’ la nuova vita del Circo sardo, un pezzo di storia in qualche modo ancora vivo e vegeto grazie a una dura lotta di resistenza contro il tempo che passa messa in campo da Priamo Casu, olbiese originario di Berchidda, titolare dello storico circo, e da alcuni anni anche dalla figlia Shamira, che dal padre e dalla madre Paola ha ereditato l’arte di far divertire la gente.

Negli ospedali. Ed è soprattutto Shamira Casu che, insieme ad altri artisti del Circo sardo, da qualche tempo si è presa l’impegno di animare le pediatrie degli ospedali di tutta Italia attraverso spettacoli gratuiti di due ore. Cinquanta le tappe messe insieme solo lo scorso anno. E tutto questo insieme ai colleghi del celebre circo Maya Orfei Madagascar. «Anche i medici ci hanno spiegato che facciamo una cosa molto importante per i bambini, che, in quelle ore, mettono da parte i brutti pensieri» spiega Priamo Casu, 64 anni. Ma per il Circo sardo la vita non è mai troppo in discesa. I guadagni dagli spettacoli nelle piazze sono quasi sempre legati alle offerte e quindi praticamente minimi. E anche il fatto di poter animare le pediatrie porta con sé un costo. La speranza è che arrivi dunque qualche contributo, almeno da parte delle istituzioni. «La cosa che ci importa di più è far divertire i bambini – dice Casu –. Non so se avremo la forza economica di ripetere questo progetto. Ci fa male. Ma, come diceva mio padre, non bisogna mai mollare perché la gente ha bisogno di ridere ancora».

Lunga storia. Non tutti conoscono Priamo con il suo vero nome. Molta gente lo identifica come Pompelmo. «È il mio nome d’arte da clown. E sono orgoglioso e felice quando incontro persone anche di 40 anni che ancora mi chiamano così. Mi dicono che sono il più bel ricordo della loro infanzia». In effetti Pompelmo lo conoscono praticamente tutti. Il Circo sardo, nei decenni, ha fatto tappa ovunque: in tutte le piazze dell’isola, poi qualche tour in Europa, ma anche nelle scuole e nei borghi turistici. Una storia cominciata più di un secolo fa con Peppino, uno zio di Berchidda. Il padre di Priamo, che si chiamava Piero “Bello bello”, nel 1954 fu invece il primo sardo a finire in televisione insieme al suo cavallo matematico. In Sardegna non se ne accorse nessuno, visto che la tv sarebbe arrivata due anni dopo. Sfogliare l’album dei ricordi di Priamo, insomma, significa fare un viaggio in un mondo che non esiste più. Basti pensare che un tempo il suo circo, il primo nato in Sardegna e che non ha cessato di vivere nemmeno durante la guerra, poteva contare su un tendone con un migliaio di posti a sedere. E poi animali di ogni tipo: serpenti, tigri, leoni, foche, pinguini, cavalli. Un archivio di tutto rispetto – custodito gelosamente da Casu – raccoglie decine di fotografie in bianco e nero e ritagli di giornale. Memorie di tempi andati e che forse non torneranno più. Ma il “vecchio” Pompelmo, in ogni caso, come gli ha sempre consigliato il padre, non ha nessuna intenzione di mollare. E così, ancora una volta, torna a chiedere una mano alle istituzioni, alle associazioni o alle fondazioni. Obiettivo: continuare a vivere per far divertire gli altri.

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