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«Michele non era in sé, era strafatto»: il racconto dell’amica dell’assassino

«Michele non era in sé, era strafatto»: il racconto dell’amica dell’assassino

Il delitto dell’orafo di Arzachena: in aula la testimonianza della ragazza colpita con una mazza

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Arzachena «Quella sera Michele mi chiamò verso le 22 per farmi gli auguri di Natale e mi disse di passare a casa sua. Quando aprì la porta mi resi subito conto che non era in sé: indossava solo i pantaloni ed era strafatto, aveva le pupille dilatatissime, era spaesato e molto agitato. Non ricordo il momento dell’aggressione. Ricordo che aveva messo un video con una meditazione e ripetevamo insieme delle frasi, io gli avevo preso le mani, volevo aiutarlo a calmarsi… Poi si è avvicinato a me. E non ricordo più nulla, sono svenuta. Mi sono svegliata che ero per terra, lui non c'era più, la porta era aperta. Mi faceva malissimo la testa, mi sono toccata ed ero piena di sangue». Per un'ora e mezzo Sofia Maria Vasiliu ha risposto alle domande del pubblico ministero Claudia Manconi e delle parti, ricostruendo, oggi, 28 gennaio, davanti alla Corte d'assise di Sassari, la notte di follia del 28 dicembre 2023 quando Michele Fresi la aggredì nella sua abitazione e colpì a morte con una mazza suo padre Giovanni Fresi, orafo di Arzachena. 

La ragazza ha precisato che non erano fidanzati, ma solo amici. «Gli volevo molto bene» ha ripetuto più volte in lacrime nella sua drammatica deposizione, voltandosi spesso a guardare Michele Fresi che anche oggi era in aula. I loro sguardi si sono incrociati più di una volta. Sofia Maria Vasiliu ha riferito che l'amico gli aveva detto di avere già assunto 7 cartoncini di acido, cioè 7 francobolli di Lsd, e che lui l'aveva convinta a prenderne un pezzetto. Aveva la cocaina sul tavolo e lui aveva fatto due tiri, poi, insieme avevano fumato una sigaretta dopo averla passata sulla cocaina. Nell'aggressione la ragazza aveva riportato profonde ferite e fratture sulla parte destra del viso. (t.s)

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