Insularità, i diritti dei sardi
Roberto Frongia, presidente dei Riformatori sardi e del Comitato per il riconoscimento dell’insularità in Costituzione, nonchè assessore regionale ai Lavori pubblici, interviene nel dibattito aperto dall’editoriale del direttore della Nuova Antonio Di Rosa e portato avanti, venerdì, dal presidente della Regione Solinas
Oggi la Sardegna si trova davanti a una sfida epocale. Stiamo coltivando il seme del futuro e lo stiamo facendo partendo dalle nostre radici, guidati dall’autenticità e dalla necessità di garantire un futuro ai figli di questa terra. La chiave di lettura di questa battaglia, che trova la sua espressione nel riconoscimento del principio di insularità, va ricercata nella sfera dei diritti dei sardi. Ci si deve porre una domanda: siamo, nel 2019, tutti liberi e uguali? Non in Italia, finché lo Stato non riconoscerà alla Sardegna il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità; non in Italia finché lo Stato non disporrà misure necessarie a garantire una effettiva parità e un reale godimento dei diritti individuabili e inalienabili.
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Non dobbiamo avere timore ad asserire che il riconoscimento della condizione di insularità rientra tra i diritti inalienabili, e per questo essenziali allo sviluppo e alla sopravvivenza della Sardegna, perfino alla dignità dei sardi. È una responsabilità enorme per lo Stato, così come per tutte le Istituzioni coinvolte nel graduale processo di adeguamento dei diritti dell'individuo rispetto alla loro reale fruizione, prime fra tutte quelle Europee, tutti colpevoli di ritardi, sui diritti, inaccettabili. Così come inaccettabile è che a distanza di un anno la proposta di legge di iniziativa popolare per l'inserimento del principio di insularità in Costituzione - firmata da oltre 100mila cittadini - sia ancora ferma in Commissione Affari Costituzionali al Senato.
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La condizione di insularità e il suo riconoscimento devono offrire l'occasione per trovare soluzioni ai problemi che gravano sulla Sardegna, non ultimo quello dello spopolamento. Nessuno di noi può oggi ritenersi estraneo, nessuno può considerarsi al riparo dai danni nefasti che scaturirebbero se la Sardegna rimanesse immobile mentre le altre regioni d'Italia già combattono per i propri interessi. La situazione socioeconomica e strutturale, mai come oggi è infatti resa più grave dalla distanza, dalla geografia e dalla topografia. Fattori la cui somma e persistenza recano un pesantissimo danno di carattere sociale, economico, culturale, essendo ostativi ad ogni proposta di sviluppo: nonostante i trattati comunitari e internazionali l'Isola continua ad avere uno svantaggio infrastrutturale e strutturale.
Il diritto ad avere pari opportunità rispetto ai connazionali e a qualunque cittadino europeo, è l'interfaccia di quell'interdipendenza tra i vari stati e tra terraferma e isole che i padri fondatori dell'Europa Unita sognarono. Quella che da due anni sta prendendo forma in Sardegna trova anima, cuore e corpo nella volontà del popolo di combattere, unito, per scrivere una nuova pagina di vita della Sardegna. Se non saremo in grado di difendere i nostri diritti saremo responsabili davanti alla Storia. La conoscenza e il sapere, uniti alla consapevolezza e alla voglia di riscatto, ci aiuteranno se avremo la capacità di comprendere fino in fondo i benefici di una battaglia epocale.