Il pianeta soffoca per il caldo
Il docente di Agronomia, direttore del dipartimento di Agraria all’ Uniss, interviene sulla scarsa percezione della gravità del problema di cui soffre la Terra: il riscaldamento globale
È noto che il nostro cervello sia affetto da
L’emissione repentina di massive quantità di carbonio accumulato nelle viscere della terra in milioni di anni, ha prodotto come effetto collaterale l’aumento della temperatura globale e l’acidificazione degli oceani. È un po’ come se in una sola cena ci fossimo bevuti tutto il vino conservato per anni in cantina. Cadremmo in un profondo coma etilico! La Terra è in uno stato pre-comatoso: per metabolizzare l’eccesso di anidride carbonica, il suo “fegato” (piante e alghe capaci di catturarla con la fotosintesi) impiegherà secoli, ammesso che si smetta di bruciare combustibili fossili.
I fenomeni in gioco sono impercettibili senza l’ausilio di sofisticati strumenti di analisi che, non essendo alla portata di tutti, non aiutano a correggere le distorsioni percettive nella società. Quando prenderemo piena coscienza di quanto accaduto e gli eventi estremi un tempo rari – siccità, alluvioni, ondate di calore – saranno la norma, sarà troppo tardi. È già troppo tardi. Non si tratta di eventi mai accaduti, ma di un aumento subdolo della frequenza e intensità. La “dissonanza cognitiva” che l’evoluzione ci ha donato per superare le lacune che caratterizzano la limitata percezione del cervello, in questo caso contribuisce all’inganno, ci fa confondere il clima (frutto di rilevazioni e calcoli) con la percezione del tempo meteorologico quotidiano, e ci porta a fare come se nulla fosse, come capita a un malato grave che ignora la diagnosi precoce di un male mortale quasi asintomatico. I decessi da ondate di calore sono già statisticamente molto superiori alle attese (oltre 18.000 in Italia nel 2022). I danni economici già tangibili, come il sensibile calo di produzione di latte bovino in Sardegna.
Dal punto di vista statistico è impossibile che sia casuale il fatto che delle 10 annate più calde mai osservate dal 1800, ben sei (2018, 2020, 2015, 2014, 2019 e 2003) si siano verificate negli ultimi 10 anni. Ma non basta al nostro cervello per accettare la diagnosi. Leggere sulla Nuova Sardegna di domenica scorsa l’opinione di Giampaolo Cassitta «Fa (tanto) caldo, ma d’estate è sempre stato così!», è stato doloroso. Il contenuto del testo rispecchia le dissonanze cognitive a cui siamo soggetti, che non risparmiano una penna così autorevole.
Occorre un atto di fiducia nella ragione della Scienza. Occorre più rispetto per chi sta già subendo le conseguenze della crisi climatica in corso, soprattutto nell’area mediterranea, anche in regioni “ricche” come l’Emilia Romagna e la Lombardia. Le azioni di adattamento e mitigazione guidate dalla ragione sono compatibili con lo sviluppo. Ritardarle dando retta alle dissonanze cognitive non giova a nessuno.