Dal Kenya a piazza Eleonora, le lezioni speciali di Nas professoressa di Shwaili
La storia dell’insegnante dell’antico dialetto parlato in quattordici nazioni africane
Oristano Ore 18, lezione di swahili. Da qualche settimana nella libreria del bistrò Librid si può imparare quella che è considerata una delle più importanti lingue africane. Secondo le stime dell’Osvic, l’organizzazione non governativa con sede in città e promotrice del corso, è parlata da circa duecento milioni di persone e diffusa in più di quattordici nazioni: Tanzania, Kenya, Uganda, Ruanda, Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, Somalia, Mozambico, Malawi, Zambia, Isole Comore, Oman e Yemen.
L’insegnate è una giovane donna keniota, Esther Naserian. Operatrice socio sanitaria in una cooperativa, 33 anni, madre di due bambini, sposata con un giovane oristanese che lavora come mediatore culturale e conosciuto quando lui si trovava in Kenya per un progetto di volontariato, Ester Naserian, che tutti chiamano semplicemente Nas, racconta di esser diventata quasi per caso docente di madrelingua, quando l’Osvic decise di organizzare un corso per dare la possibilità di apprendere una lingua tanto diffusa quanto sconosciuta.
«Accettai senza minimamente immaginare che le mie lezioni venissero seguite con tanto interesse e curiosità – spiega la professoressa – forse perché lo swahili non è difficile da imparare: è come l’italiano e si legge come è scritto, talvolta mi sorprendo che con poche lezioni di un’ora i miei studenti abbiano imparato tante parole», dice spiegando che i tredici partecipanti del corso, tutti adulti, si sono mostrati da subito estremamente motivati e soprattutto vogliosi di conoscere non solo la lingua, ma anche la vita dei popoli che la parlano, le loro tradizioni e la loro cultura. «Durante la lezione parliamo di tante cose e io cerco di raccontare il mio continente». Poi sorridente prosegue: «Del resto lo swahili è conosciuto nel mondo più di quanto si pensi e alcune parole sono entrate nel linguaggio comune di tanti. Ad esempio qui conoscete Hakuna Matata, il Re leone della Disney, che nella mia lingua significa “senza pensieri”. È un modo di dire che rappresenta il nostro approccio con la vita. Da noi si vive alla giornata e siamo sempre sorridenti: ci basta sapere di esistere per essere felici».
Poi aggiunge: «Le difficoltà si superano con il sorriso. Altrimenti sarebbe impossibile andare avanti». Nas spiega che lo swahili, assieme all’inglese, è la lingua con cui comunicano gli appartenenti alle diverse tribù. «Ogni tribù ha un dialetto differente, lo swahili invece, lo parliamo tutti». C’è poi l’aspetto di una cultura immensa, antica ma anche moderna, che pochi ancora in Europa conoscono. «Il corso – spiega infatti Paola Gaidano, coordinatrice dell’Osvic – è stato organizzato in continuità con il lavoro di comunicazione e sensibilizzazione che la nostra organizzazione porta avanti. Conoscere lo swahili permette di entrare in contatto con un continente e una società della quale in Europa si sa ancora troppo poco».
Nas nelle sue lezioni racconta la vita del Kenya che, ovviamente, le manca tantissimo: «Qui vivo bene. Ho una bella famiglia e i miei suoceri mi hanno subito accolta nel modo migliore. Il Kenya però è la terra dove sono nata. Dove c’è mia madre: una donna forte che combatte contro l’infibulazione. Ovvio che mi manca la famiglia e mi mancano le persone del villaggio. La vita qui è differente. In Kenya socializziamo di più, per questo a volte mi sento sola. Quando nasce un bambino, non è solo per i genitori ma per il villaggio. Dopo il parto, per far riposare la madre, le altre donne prendono con loro il bambino e glielo riportano per allattarlo. Ripeto: sono felice di vivere qui e con questa famiglia, ma la nostalgia è dura da affrontare».