La Nuova Sardegna

Oristano

L’intervista

Il capocorsa dei falegnami: «In sella con me è come se ci fosse mio figlio»

di Caterina Cossu
Il capocorsa dei falegnami: «In sella con me è come se ci fosse mio figlio»

Il componidori di San Giuseppe, Salvatore Aru, alla vigilia della Candelora che lo vedrà protagonista pensa alla sua Sartiglia

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i Caterina Cossu Ha alle spalle undici Sartiglie e su nove discese alla stella ha centrato ben quattro volte il bersaglio, facendo suoi l’ambito simbolo della giostra. Trent’anni, il suocero come presidente di gremio, conta su una pariglia giovane e di recente formazione, ma affiatatissima e rispettata in tutto l’ambiente. La Sartiglia del martedì di carnevale è affidata a su Componidori Salvatore Aru, Tore per gli amici, che insieme Stefano Spiga e Antonio Giandolfi da tre anni forma una delle pariglie che più si è distinta nella giostra equestre simbolo di Oristano, l’anno scorso premiata seconda tra le migliori evoluzioni. «Quest’anno tocca agli altri dare spettacolo in via Mazzini, è vero, ma tutto il resto avrà un sapore speciale. Ci siamo sempre impegnati e distinti, siamo benvoluti nell’ambiente della Sartiglia e nella vita, quindi posso dire che questo può aver influito sulla scelta di Antonello (Fenu, majorale in cabo del gremio dei falegnami, ndr). È un aspetto che ti dà la carica, ma anche una tranquillità in più per affrontare la Sartiglia». La voglia di fare bene è tanta: «Sono concentrato sul ruolo, i miei familiari e la famiglia allargata della mia pariglia mi stanno vicino anche in quei momenti in cui posso avere uno sconforto o un dubbio. Vorrei che fosse una giornata bella per tutti». Vivere la Sartiglia in famiglia, dopotutto, è un sentimento speciale: «Quando si creano condizioni come questa, tutti ci tengono che la nomina avvenga così – aggiunge Antonio Giandolfi, che sarà su terzu –. Eppure non ce lo aspettavamo, ci depistavano costantemente e fino all’ultimo, tant’è che io ho perso due cene per scommessa». Stefano Spiga, su segundu, elenca tutte le fasi dell’allenamento: «Montiamo a cavallo tutti i giorni, provando i momenti clou come l’incrocio delle spade, ma anche il galoppo, l’aggancio delle redini e i piccoli grandi dettagli. Non stiamo lasciando niente di inesplorato, sappiamo che quel giorno dobbiamo essere pronti a tutto, perché non sai mai come andrà. L’amalgama si crea negli anni, alcuni ci mettono tanto, altri meno, è relativo e personale. Noi ci siamo trovati da subito e questo ha fatto sì che si creasse una pariglia unita e solida». Su componidori del martedì, poi, ha un asso nella manica fuori dalla pariglia: «Mio figlio di otto anni, Lorenzo: sta preparando la Sartigliedda ed è il mio braccio destro, vuole che io ci sia per lui come lui c’è per me. Sarà un bell’impegno, ma non mancherò – racconta con il sorriso e gli occhi pieni di orgoglio –. Io ho iniziato nel 2007, a dodici anni, con la Giara Oristanese e lì ho sviluppato l’amore e il rispetto per la Sartiglia e il cavallo. È un animale con cui si instaura un rapporto particolare, ci sono sempre uno scambio e un sostegno reciproco». Quella del capo corsa del martedì è una pariglia espressione della nuova guardia tra i cavalieri, vista l’età, ma sentimenti arcaici sono radicati nei loro cuori: «L’antichità della Sartiglia e la tradizione sono le due cose che vanno preservate e di questo le nuove generazioni devono farsi custodi. L’avanzare dei tempi, la tecnologia ... va bene tutto quello che ruota attorno alla manifestazione, ma nel rispetto delle origini. Non so se gli oristanesi oggi la sentano ancora come un tempo, è difficile rispondere e credo sia una cosa molto soggettiva. Di certo, chi le è affezionato ama la tradizione e il suo significato e valorizzarne gli aspetti antichi fa sentire questo amore vivo e aiuta anche noi, nella difficoltà che comporta oggi essere cavaliere, a non demoralizzarci e a non perdere questa grande passione».

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