La Nuova Sardegna

Oristano

Cronaca

Botte e minacce alla moglie incinta, condannato a tre anni e sei mesi

di Michela Cuccu

	Il palazzo di giustizia di Oristano
Il palazzo di giustizia di Oristano

La vittima: «Mi picchiava anche davanti alle nostre figlie»

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Oristano Un marito violento è stato condannato con rito immediato a tre anni e sei mesi di carcere. Si chiude così la terribile vicenda di una giovane donna residente in un centro della provincia che, per anni aveva subito gli insulti, le botte e le continue minacce di morte dall’uomo, un extracomunitario, oggi 42 enne, che aveva sposato e con il quale aveva avuto due figli. Insulti e minacce che non cessarono nemmeno dopo la separazione e neanche dopo che la donna, fattasi coraggio, era andata alla caserma dei carabinieri per denunciare l’uomo che aveva trasformato la sua vita in un inferno.

Nemmeno dopo la separazione l’ex marito smise di perseguitare la donna che chiamava al telefono nel cuore della notte, minacciando di venire in Sardegna per portar via i figli, ancora in tenera età, annunciando l’intenzione di suicidarsi, coinvolgendo anche i bambini che sentivano insulti e minacce rivolti alla madre. Ai carabinieri la donna raccontò delle aggressioni che l’uomo, in preda ai fumi dell’alcol e sotto l’effetto di stupefacenti, le rivolgeva di continuo, percuotendola con calci, schiaffi, gomitate lanciandole addosso oggetti, persino quando era incinta. Sino a quando, con un pugno le causò la rottura del setto nasale.

Un inferno quotidiano: più di una volta lui arrivò a stringere le mani e a volte vestiti, intorno al collo, minacciandola di morte, lanciando e rompendo qualsiasi oggetto gli passasse per le mani, persino computer, telefoni e cellulari, piatti e bicchieri. Quando ancora erano sposati, una volta danneggio anche la sua automobile prendendola a calci con moglie e bambine a bordo. Oltre alle botte, la donna dovette subire continue umiliazioni dal padre delle sue figlie, che le sputava in faccia e costringendola a chiedere prestiti economici alla madre per coprire il fatto che lui dilapidasse il denaro che arrivava in casa. E poi i controlli, morbosi, tanto da impedirle di avere normali rapporti e assistenza dalla famiglia d’origine. Dopo le denunce, l’uomo venne sottoposto alla misura cautelare di divieto di dimora in Sardegna e di avvicinamento alla moglie e per controllare meglio i suoi movimenti, gli venne applicato il braccialetto elettronico.

Al giudizio immediato si è giunti in seguito alla richiesta del pm Valerio Bagattini, accolta dalla gip Federica Fulgheri. L’imputato, assistito d’ufficio dall’avvocato Giovanni Trimarchi, ha confessato i suoi reati. Ora è in carcere per scontare la pena. Non ha chiesto la sanzione sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare per evitare, una volta diventata la sentenza definitiva, l’espulsione immediata dall’Italia.

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