Da povero a ricco e potente: ecco la scalata sociale di Filippo Mameli da Tramatza
La vita del canonico arborense documentata dal docente universitario Alessandro Soddu
Oristano Già soltanto la serie di titoli accumulati in quarant’anni (decretorum doctor, diacono, canonico arborense e sulcitano, uditore e cappellano del legato pontificio Gentile da Montefiore, preposito di Pozsony, arcidiacono di Nitra, rettore delle chiese di Santa Chiara e di Santa Lucia di Villa di Chiesa e di quella di Solanas), nonché gli appellativi legati allo status sociale raggiunto (dominus, messer/misser, venerabilis, sapiens, discretus vir) e alla professione (magister, professor), basterebbero per giustificare l’interesse per il Mameli, del quale sfuggono – come per tanti casi analoghi e più celebri – molti dettagli biografici, in particolare quelli della sua formazione e della carriera ecclesiastica e “politica”.
La questione di fondo: prima della sua impressionante scalata sociale, il signor Mameli (Filippo) da Tramatza non era praticamente nessuno. Poi dal suo paese d’origine, le tracce del suo nome sui documenti dell’epoca conducono fino al Papato, il Regno di Ungheria e il Giudicato di Arborea. Dal nulla diventa ricchissimo e potente. Una carriera strabiliante per quei tempi, rimasta per secoli sconosciuta e ora documentata grazie alla ricerca dello storico Alessandro Soddu, docente all’università di Sassari. Un lavoro straordinario, quello del docente di 57 anni, iniziato per caso ai tempi del Covid, appena pubblicato dalla prestigiosa Rivista storica italiana, considerata una delle migliori in campo europeo.
A dare il via alla ricostruzione storica della vita di Mameli, è stato quel “Filippo de Sardinia, in missione in Ungheria” che ha incuriosito Soddu: «Era un riferimento che trovai nel mare magnum di Google libri, mi aveva incuriosito, mi resi conto che poteva avere dei legami con la storia giudicale. Così cominciai a fare altre ricerche per mesi». Giorno dopo giorno, l’esito delle ricerche storiche sembrano diventare una caccia al tesoro dai risvolti sempre più interessanti. Soddu si ritrova a ricostruire le fasi di una scalata sociale sempre in evoluzione, tanto da trovare documenti che attestano l’accumulo di titoli che consentiranno a Filippo Mameli di essere al servizio dei giudici di Arborea, dell’archidiocesi dell’omonima provincia ecclesiastica sarda, del Papato e del re d’Aragona. Scrive Soddu nella sua ricerca – «Mameli ha lasciato cospicua traccia di sé nella veste di giurista e diplomatico». Una carriera che trova giustificazione dal «profondo e risalente legame della sua famiglia con quella dei giudici oristanesi, dei quali era familiaris, socius, secretus et intimus consiliarius».
Un solido intreccio con le vicende dei titolari dell’unico potentato locale sopravvissuto alla trasformazione della geografia politica della seconda metà del Duecento: «Attraverso Mameli (e già col padre Mariano) è stato possibile osservare l’evoluzione delle strutture economico-sociali e politico-istituzionali del Giudicato».