Omicidio di Alghero, Orsola e la misteriosa telefonata
Andrea Massidda
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Resta in carcere Alessandro Calvia presunto assassino di Orsola Serra la professoressa strangolata nel suo lettoUna chiamata determinante per stabilire l’ora della morte della professoressa Orsola Serra. Il pubblico ministero vuol scoprire chi l'ha fatta: la vittima prima di morire o il presunto assassino?
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ALGHERO. Nei momenti in cui Orsola Serra è stata strangolata, dal suo cellulare è partita una chiamata diretta a un'amica. Che non ha risposto. Erano per l'esattezza le 19.22 di domenica 23 ottobre. Ora però gli inquirenti vogliono sapere se quella telefonata è stata fatta prima di morire proprio dalla professoressa algherese oppure se a digitare i tasti è stato il suo presunto assassino, Alessandro Calvia, indagato per omicidio volontario e perciò rinchiuso a San Sebastiano. Secondo il sostituto procuratore Paolo Piras, infatti, potrebbe anche essere stato l'uomo a far partire la chiamata, così da spostare in avanti l'istante della morte e farla apparire avvenuta nell'ora in cui lui è in grado di provare di essere stato con la fidanzata.È uno dei motivi per il quale il tribunale del riesame ha rigettato il ricorso presentato dall'avvocato Stefano Carboni, difensore del sospettato.
Ma a spingere il collegio composto dai giudici Salvatore Marinaro, Marina Capitta e Cristina Fois a non concedere ad Alessandro Calvia di attendere in stato di libertà l'esito dell'eventuale processo sono anche altri importanti elementi, alcuni dei quali evindenziati nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Teresa Lupinu. Per esempio il pericolo di reiterazione del reato. Calvia, sostiene il tribunale del riesame, «è particolarmente incline al delitto». Ma a parte questo, nell'alibi che lui stesso ha fornito agli investigatori ci sarebbero parecchie incongruenze. Tanto per fare un esempio, l'indagato sostiene di aver incontrato quella maledetta domenica Orsola Serra intorno alle 16.45. Per poi rivederla nell'abitazione di lei alle 17.
Proprio all'ora in cui l'insegnante si sarebbe trovata a casa della zia Livia per proporle di andare a messa insieme. Non basta. Calvia sostiene anche di aver incrociato un luogotenente dei carabinieri alle 15.30 in via degli Orti. E il diretto interessato smentisce.Resta poi la questione relativa alla cordicella sulla quale è stato trovato il Dna dell'uomo. La difesa contesta alla Procura di aver fatto esaminare il laccio dal Ris rendendolo «non più materialmente disponibile», in quanto distrutto durante l'analisi scientifica. Ma anche in questo caso il tribunale del riesame ha deciso di non tenere conto della tesi dell'avvocato.
Ma a spingere il collegio composto dai giudici Salvatore Marinaro, Marina Capitta e Cristina Fois a non concedere ad Alessandro Calvia di attendere in stato di libertà l'esito dell'eventuale processo sono anche altri importanti elementi, alcuni dei quali evindenziati nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Teresa Lupinu. Per esempio il pericolo di reiterazione del reato. Calvia, sostiene il tribunale del riesame, «è particolarmente incline al delitto». Ma a parte questo, nell'alibi che lui stesso ha fornito agli investigatori ci sarebbero parecchie incongruenze. Tanto per fare un esempio, l'indagato sostiene di aver incontrato quella maledetta domenica Orsola Serra intorno alle 16.45. Per poi rivederla nell'abitazione di lei alle 17.
Proprio all'ora in cui l'insegnante si sarebbe trovata a casa della zia Livia per proporle di andare a messa insieme. Non basta. Calvia sostiene anche di aver incrociato un luogotenente dei carabinieri alle 15.30 in via degli Orti. E il diretto interessato smentisce.Resta poi la questione relativa alla cordicella sulla quale è stato trovato il Dna dell'uomo. La difesa contesta alla Procura di aver fatto esaminare il laccio dal Ris rendendolo «non più materialmente disponibile», in quanto distrutto durante l'analisi scientifica. Ma anche in questo caso il tribunale del riesame ha deciso di non tenere conto della tesi dell'avvocato.
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