La Nuova Sardegna

Ex sequestrato porta in scena uno spettacolo sulla sua prigionia

di Paolo Merlini
Ex sequestrato porta in scena uno spettacolo sulla sua prigionia

Il farmacista dorgalese Michelangelo Mundula, rapito 25 anni fa, dirige a Nuoro lo spettacolo “Una storia sbagliata” in cui vengono raccontate le fasi più crude della prigionia

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NUORO. «Sono ferite che non si rimarginano mai», dice Michelangelo Mundula, Lucio per gli intimi, a 25 anni dal sequestro. Era un giovane farmacista fresco di laurea, nel 1988, quando fu rapito e passò quasi cinque mesi del suo ventisettesimo anno di età con due bende di cotone negli occhi, tenute strette da nastro adesivo, un cappuccio perennemente in testa, i polsi incatenati. In una tenda, con gli stessi abiti e la stessa biancheria intima per tutta la durata del sequestro, in condizioni igieniche terribili. Gli abiti che indossava quando fu rapito, la notte del 14 agosto, prelevato con la forza dalla sua auto mentre con la ragazza guardava le stelle da Cala Fuili.

È la “Storia sbagliata” di Michelangelo “Lucio” Mundula, ed è diventata uno spettacolo teatrale che il farmacista, regista e attore per passione, porta in scena da qualche mese con una compagnia di attori non professionisti, dorgalesi come lui, tutti componenti dell’associazione Arti Libere. Venerdì è stato rappresentato a Nuoro, nella biblioteca Satta, su invito della presidente Vannina Mulas, che era sindaco di Dorgali all’epoca dei fatti. Lucio ha scritto la sceneggiatura, ha curato la regia. Per sé, in uno spettacolo che vede insieme altri dieci attori, ha tenuto il ruolo del narratore, e la piccola parte del padre poco coraggioso della fidanzata: Silvia sul palco, Rossella nella vita, che oggi è sua moglie.

Lucio racconta la sua storia in terza persona. Il protagonista si chiama semplicemente M. Il narratore descrive la scena, le terribili fasi del rapimento, il cammino verso la tenda-prigione, e i lunghissimi giorni di attesa prima della liberazione. I banditi (mai individuati, l’inchiesta sul suo rapimento non ha colpevoli), forse una decina, il latitante che diventò quasi un suo confidente. «Vi sbagliate, non sono sequestrabile», gridava invano sin dal primo giorno Mundula ai suoi rapitori, «vi hanno dato informazioni sbagliate». E in quel termine, “sequestrabile”, così in voga in quei drammatici anni 70 e 80 in Barbagia, c’è tutta l’angoscia di centinaia di persone, a rischio rapimento anche per il solo fatto di avere la seconda casa al mare, i risparmi per gli studi universitari fuori sede dei figli. I rapitori di Mundula capirono che avevano ricevuto informazioni troppo ottimistiche sul patrimonio della famiglia? Chissà, sta di fatto che lo liberarono dopo il pagamento di 400 milioni di lire (430 mila euro di oggi secondo la rivalutazione Istat).

Il titolo dello spettacolo, “Una storia sbagliata”, viene da un brano dell’album che Fabrizio De André dedicò al proprio rapimento. «M. odiava quelle canzoni – dice la voce narrante – gli sembrava assurdo giustificare con motivazioni sociali il gesto dei rapitori, di chi priva un uomo della libertà». Poi col tempo ha imparato a capirle, ha realizzato che l’ipocrisia è da un’altra parte, non solo nell’Hotel Supramonte: in chi stava dietro ai sequestri, negli inquirenti talvolta incapaci, nel cinismo di alcuni compaesani. E così le canzoni di Faber sono finite nello spettacolo, da “Hotel Supramonte” a “Il canto del servo pastore”, da “Verdi pascoli” a “Una storia sbagliata”, ben interpretate da Damiana Senette, che in scena dà il volto a Silvia-Rossella.

Sul palco scorre anche un filmato con le testimonianze dell’antropologo Bachisio Bandinu e dello scrittore Marcello Fois. «Dicono che i sequestrati venivano trattati come bestie – dice quest’ultimo – in realtà neppure alle bestie vengono inflitte tali sofferenze».

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