La Nuova Sardegna

Da Truffaz a Sigura il filo rosso del jazz

di Caterina Cossu

A Oristano l’incontro fra il trombettista e il suonatore di oud

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ORISTANO. A luci spente, dal cuore del centro storico di Oristano, parte un suono gutturale. Sembrano le onde del mare, sembra una nenia cantata da un’orca gigante in mezzo al deserto. Ma si sente la tromba, soffocata dalla sordina. Poi, pian piano, arrivano il pianoforte e il basso. E la batteria, che c’era già, ma è come la spuma del mare: non sai mai esattamente come faccia, ma c'è sempre e dà il contorno all'infinito delle onde. Ed ecco l’oud, e allora sei certo di essere approdato in Oriente, il deserto prende la forma e la consistenza delle note. Ma mentre stai sognando le mille e una notte, riecco il suono soave della tromba, che bussa piano. Si apre il varco, lo squarcia, dentro al mare di stelle e di note. E allora tu pensi di esserti sbagliato, di non aver ben compreso cosa sta succedendo. Poi, ti ricordi che sei in piazzetta Corrias e che quelli sul palco sono davvero i ragazzi che tutti conoscono, quei ragazzi di Oristano che si sono messi in testa di fare un jazz quasi unico in tutta Europa.

E ti rendi conto che, in questa prima domenica di Dromos, hanno un ospite di eccezione. È per quello che dalla voce di Mauro Sigura, frontman e suonatore del liuto arabo, si percepisce una lieve stonatura, quando presenta la serata e la band. E così appaiono emozionati anche Gianfranco Fedele, che accarezza il pianoforte e l’elettronica, Tancredi Emmi, che passa dal contrabbasso al basso elettrico, e Alessandro Cau, che con batteria, sbirofono ed elettronica compie dei veri e propri prodigi. L’unico che non leggi subito è Erik Truffaz (nella foto) , trombettista francese. Lui è imperturbabile ma capisci che è bravo, ed è abituato a fondere il jazz alle contaminazioni più audaci, come il rock o la dance music. Con lui, il quartetto del suonatore di oud, che ha natali torinesi ma radici e residenza sarde come gli altri tre componenti della band, ha declinato in questa nuova sperimentazione il suo progetto. The colour identity viaggia al confine tra innovazione e tradizione, una riuscita combinazione tra suoni, melodie, ritmi della tradizione ottomano-mediterranea e le atmosfere del jazz contemporaneo europeo. Elementi che si fondono evocando un viaggio ideale dalle sponde colorate del Senegal al Bosforo, dal Mediterraneo fino agli spazi sospesi della fredda Europa. E chissà, allora, cos’avranno mai da dirsi un oud e una tromba.

Il sultano degli strumenti musicali e la principessa degli ottoni. La chiave è nell'attitudine alla contaminazione, che ha unito tutti questi musicisti. Mauro Sigura ed Erik Truffaz suonano da soli e i due strumenti si parlano piano all’orecchio, e forte quando non sono abbracciati nel vortice della melodia. Una serata di rara bellezza quella del terzo concerto del festival Dromos, dove i protagonisti principali giocavano in casa, è vero, ma il connubio affascinante e seducente dell’esperimento musicale, che richiama quello proposto da Paolo Fresu e Dhafer Youssef diversi anni fa, ha raccolto l’ovazione di una piazza strapiena. I sorrisi, tanti, sono quelli di quattro amici che ospitano un nuovo amico. Sul finale, Mauro Sigura lancia l’urlo che sembra quello dei berberi e finalmente si scompone, a ritmo. Il peggio è passato, la tensione si è trasformata in pura gioia per la prova superata.

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